Language learning | Italian » Szőcs Veronika - Le no velle veriste Giovanni Verga

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SZAKDOLGOZAT 2004. SCUOLA DI STUDI SUPERIORI DÁNIEL BERZSENYI DI SZOMBATHELY FACOLTÀ DI LETTERE E FILOSOFIA DIPARTIMENTO DI ITALIANISTICA LE NOVELLE VERISTE DI GIOVANNI VERGA Relatore: Roznárné Kun Csilla Candidato: Szőcs Veronika Szombathely 2004. 2 Indice 1. Introduzione . 5 2. Lo sfondo storico . 7 2.1 3. Originalità del verismo italiano . 9 3.1 4. La situazione del popolo siciliano . 7 Le caratteristiche del verismo . 11 La biografia di Giovanni Verga . 13 4.1 Nedda . 14 4.2 Vita dei campi . 15 4.3 Novelle rusticane . 18 5. Il linguaggio di Verga: . 20 6. Analisi delle novelle . 22 7. 6.1 La presentazione del paesaggio siciliano. 22 6.2 Povertà e ricchezza . 25 6.3 L’Amore e la gelosia . 28 6.4 Malattia – Malaria . 29 6.5 Le Feste . 30 6.6 La morte e il lutto . 32 6.7 I rapporti fra genitori e figli . 34 Conclusione . 35 3 Giovanni Verga (1840-1922) 4 1. Introduzione Nelle mie tesi di laurea vorrei presentare e an

alizzare le novelle veriste di Giovanni Verga secondo i seguenti punti di vista analitici: la presentazione del paesaggio siciliano, povertà e ricchezza, l’amore, le feste, la morte e il lutto e rapporti fra genitori e figli. Ma prima esaminiamo più profondamente le novelle veriste, io tengo necessario di parlare della storia d’Italia, della situazione degli uomini siciliani di allora. Secondo me è importante anche la vita di Giovanni Verga, e la tendenza rappresentata da Verga, il verismo, perciò possiamo leggere di questi nelle mie tesi di laurea. Non si può lasciar fuori il lin guaggio di Verga (il dialetto verghiano), e neanche lo suo stile. Il sesto capitolo è il capitolo principale e questo si tratta già dell’analisi delle novelle. „Il Verga fu tradotto subito in portoghese, in spagnuolo, in francese, in tedesco, in inglese, in olandese, in danese, in svedese, in magiaro; ma bisogno fare un’osservazione di carattere generale: che spesso nostri scrittori sono

tradotti all’estero senza che gli stranieri si compenetrino dell’opera che vengono leggendo. Oggi la conoscenza del Verga è diffusissima in tutto in mondo.” 1 Adesso faccio la domanda: il Verga è molto conosciuto all’estero? Secondo me Verga è uno grande scrittore italiano, ha creato significativo, ma qui, in Ungheria lo conoscono pochi. Questa opinione appoggia anche Luigi Pirandello,secondo che: Verga è uno più grande romanziere dell’Italia ciononostante all’estero e anche nella sua patria lo non si conosce debitamente. Allora purtroppo all’Ungheria Verga non appartiene agli scrittori conosciuti, per questo ho s celto questo tema faccio conoscere gli interessati verso la lingua e la letteratura italiana. Le sue novelle stanno il più vicino a me, perchè hanno il suo stile proprio e le sue raffigurazioni dell’uomo. 1 Luigi Russo: Verga romanziere e novelliere, Edizione Rai, Torino, 1959, p. 105 5 Mentre le ho l etto, aveva osservato somiglianza con le

opere di Zsigmond Móricz. Tra le sue tragedie di contadini la Cavalleria rusticana, La Lupa, e Jeli il p astore assomigliano molto alle novelle di Zsigmond Móricz. Perchè anche lui altrettale con dettagli analitico descrive il d estino contadino come Verga. La descrizione della povertà, il maniere brutali, e la primitività dei barbari. 6 2. Lo sfondo storico Il nuovo secolo portò nell’Italia la disordine della precaria trasformazione sociale. Il paese fu pieno dei dubbi Dopo il Risorgimento si vedeva almeno così finiì l’epoca eroica della nuova Italia, cominciò l’epoca dei giorni feriali, del lavoro economico e dopo la poesia segue la prosa. Secondo Benedetto Croce, mentre Italia può unire le forze ad Europa anche politicamente ed anche economicamente, le sue posizioni perse nella vita intellettuale. Al sud rimase feudalismo con miseria, forma di vita e morale conservativa. Invece prima dello sviluppo della borghesia nordica incominciò lo illimitato industriale.

Questo fatto invece approfondì ancora meglio i contrasti sociali. 2.1 La situazione del popolo siciliano Siamo nellepoca della formazione del Regno dItalia, della nascita di uno stato nuovo. E il governo di questo Stato appena nato deve scoprire ed affrontare tanti problemi fino ad allora nascosti. Venne scoperta la sua povertà, la debole trama sociale, la sua arretratezza in tante cose. Prima di tutto le più colpite sono le regioni del Mezzogiorno. La stragrande maggioranza degli Italiani era formata da operai e, soprattutto, da contadini, abbandonati a condizioni di vita e di lavoro quasi primitive e immersi nella totale ignoranza. Su questo popolo dai livelli di vita bassissimi il n uovo governo dellItalia unita impose pesanti carichi di tasse, ben superiori alle imposte che i vecchi stati avevano conosciuto. Le masse rurali del Sud si videro ridotte alla disperazione; il n uovo Stato si presentava come un padrone peggio dellantico; invece di ottenere dallunificazione la

sperata libertà, esse si videro private perfino di quei pochi diritti che il r egime borbonico non a veva loro negato. Infatti, prima dellunità, i contadini potevano raccogliere legna o far pascolare il bestiame nelle terre demaniali. 7 Ora queste terre vennero vendute attraverso le amministrazioni comunali ai privati e i nuovi padroni abolirono subito gli usi comuni nelle proprietà così acquistate. Un altro motivo di grave malcontento fu il servizio militare obbligatorio che sottraeva alle famiglie, per un l ungo periodo, i giovani più validi e le danneggiava economicamente. Allinasprimento della loro già miserevole condizione, i contadini del Sud reagirono con la ribellione aperta e particolarmente col brigantaggio. I contadini appoggiavano e proteggevano i briganti - che a loro sembravano più audaci degli altri nel vendicare i torti subiti - mentre consideravano lItalia il loro nemico principale, lo Stato dei signori, dei “galantuomini". Nel XX. secolo in Sicilia

già imperava la mafia che controllava ogni iniziativa locale. Le condizioni delle plebi furono molto più disagiate e misere che in altri regioni e le resistenze della classe padronale furono assai tenaci. La borghesia non si occupò del miglioramento delle condizioni di vita, sfruttarono i poveri e si interessarono della propria carriera privata nei pubblici uffici, che garantiva uno stipendio sicuro e tranquillo. Da tutto ciò derivava una grande corruzione in tutti i campi della vita politica e civile. E in più problemi come la pessima distribuzione delle acque, il rovinoso diboscamento sempre più intenso, province intere battute dalla malaria. Tra i scrittori, politici ed altri intellettuali si formò un gruppo di siciliani che si voltò ai problemi sociali del popolo, aveva riconosciuto le radici dei problemi e cercò la via duscita. 8 3. Originalità del verismo italiano Il Verismo fu un movimento letterario e artistico, sviluppatosi sul finire dell’Ottocento. Il

verismo si presenta non s olo nella letteratura, ma nel teatro, nell’arte, nella musica e anche nel cinema. In Italia, per quanto riguarda la letteratura, il determinismo positivistico della Francia divenne Verismo o Realismo. In sostanza il verismo fu un’epoca grande della letteratura italiana realista. I l verismo fu l’adeguato del naturalismo francese. Il positivismo diede il fondamento filosofico del verismo. Lo sviluppo significa rappresentazione obiettivo per i problemi socali. Mentre i francesi descrivevano, per lo più, l’ambiente del proletariato urbano parigino, gli italiani si volsero alla realtà regionale. Con Alessandro Manzoni s’inizia questo nuovo pe riodo della letteratura italiana che, mentre accoglie ispirazione e f orme della cultura e d ell’arte europee, ne trasfigura il significato e la fisionomia. Giovanni Verga (a destra) con Luigi Capuana 9 I più grandi rappresentanti del verismo furono due siciliani: Luigi Capuana e Giovanni Verga. Veramente

loro furono i primi italiani, che fondarono la scuola veristica. Nelle loro opere rappresentano gli uomini delle classi sociali viventi in semibarbaria oppure la povertà della vita. Poichè vissero in Sicilia tutti i d ue nella stessa regione, così si capisce che conoscevano molto bene la vita, gli usi e costumi della gente povera di Sicilia, e conoscevano bene anche la campagna siciliana. Ma esistono raffronto tra Verga e Capuana: „Le differenze sono nella maggiore ricchezza poetica del Verga, e nella scientificità propria dell’opera del Capuana. Il Capuana non f u un vero e proprio temperamento di poeta, ma ebbe curiosità quasi di medico, di scienziato, seguendo rigorosamente i canoni dello Zola. Il De Sanctis avrebbe detto che il Capuana era uno scrittore di immaginazione, e il V erga invece uno s crittore di fantasia.” 2 “Luigi Capuana è sempre in una posizione particolare rispetto al Verga. Se il Verga è l’artista, il C apuana è sopratutto la coscienza,

l’intelligenza riflessa di quel’arte; perché nel Verga, personalmente, la consapevolezza della propria arte non riesce mai a c hiarirsi del tutto, e in ogni caso è aliena dal pronunciarsi in modo esplicito. Quando il Verga vuol parlare in generale casca nel generico o per lo meno in una involontaria ambiguità, come potrà facilmente dimostrare chiunque confronti le sue affermazioni techniche o programmatiche.” 3 Il verismo non r imase fenomeno isolato, vale a dire per tutto il p aese fila degli scrittori buoni appartenne o stette vicino alla scuola verista. Altri principali scrittori veristi furono in Italia inoltre Luigi Capuana, e Giovanni Verga Federico De Roberto, Grazia Deledda, Emilio De Marchi, Renato Fucini. Invece la figura più autorevole del Verismo è senz’altro Giovanni Verga. 2 Luigi Russo: Verga romanziere e novelliere, Edizione Rai, Torino, 1959. p 124 Giacomo Debenedetti: Verga e il naturalismo:Tra la Sicilia, Milano e l’Europa i nodi fondamentali del

progetto artistico verista, Garzanti, Milano, 1993. p17 3 10 „Secondo Luigi Capuana, il termine verismo accennava particolarmente più al metodo che non alla materia di cui l’arte si serviva. Fu Capuana che, mutuando dall’estetica desanctisiana il concetto di forma, vale a d ire dell’arte come realtà sensibile e non come veste dell’idea, adattò alla poetica del verismo il canone della rappresentazione realistica non necessariamente vincolata a temi di vita degradata e brutale.” Garzanti „Si è detto precedentemente che il realismo italiano ha una sua fisionomia propria; come puro movimento di cultura, se prende il suo abbrivo dalla letteratura francese e inglese, in Italia manifesta e sviluppa caratteristiche inconfondibili.” ( op cit75 p ) 3.1 Le caratteristiche del verismo Il verismo rifiutò il romanticismo italiano a causa della sua arte, nello stesso tempo continuò a sviluppare la sua tendenza. Il verismo annuncia la presentazione obiettivo, feroce,

brutale della realtà. Verga invece non solo aspira ai parti scuri della vita per presentare, ma come un realista vero cerca quello che nell’uomo rimane castamente. Deriva da questo la liricità delle sue opere veriste, sopratutto delle sue novelle. Poichè nella società dell’epoca l’intenzione pulita, umana fa naufragio, perciò quelle novelle liriche diventano tragedie del destino conciso. Impersonalità e personalità del narratore: L’impersonalità succese allo stile patetico, sentimentale. La peculiarità del verismo verghiano è la congiunzione della questione meridionale. L’unità significò per i contadini meridionali la colonizzazione del Nord più ricco, più sviluppato. Questo motiva il fatto, che le opere del Verga non si svolgono in città grande, ma sotto il cielo azzurro, soleggiato del paesaggio siciliano. Per il suo argomento trova sfondo e protagonisti convenienti inanzitutto in Sicilia della sua infanzia. 11 „L’impersonalità o l’impassibilità

dello scrittore era per il Verga soltanto una forma di necessaria disciplina contro il suo prorompente romanticismo.” 4 La solitudine non è una solitudine di carattere materiale, ma una solitudine di carattere intimo. Possiamo vivere in mezzo al mondo, ed esser soli dentro di noi Questa è la tragedia, e la particolare poesia dei personaggi verghiani. „Il naturalismo non e ra soltanto una volontà di esplorare certi aspetti del mondo, dell’uomo, della società, che quella generazione, o que lle generazioni, di artisti sentivano particolarmente, elettivamente affidate alle loro cure; era anche un modo, quasi una tecnica, per esplorari, e proprio coi mezzi dell’arte. Il naturalismo, per adoperare una parola più recente, sentiva di essere un linguaggio.” 5 Il verismo fu tale tendenza notevole della letteratura italiana della fine del secolo, che non esisté scrittore contemporaneo che sfuggire a olyan meghatározo irányzata volt a századvégi olasz irodalomnak, hogy hatása

alól a kor egyetlen írója sem vonhatta ki magát egészen. 4 Russo,Luigi: Verga romanziere e novelliere, Edizione Rai, Torino, 1959. p121 Debenedetti, Giacomo: Verga e il naturalismo: Tra la Sicilia, Milano, e l’Europa i nodi fondamentali del progetto artistico verista, Garzanti, Milano, 1993. p 294 5 12 4. La biografia di Giovanni Verga Giovanni Verga, nato a Catania il 2 s ettembre del 1840 da una famiglia di Vizzini, autore di romanzi, racconti e opere teatrali, è il massimo esponente del verismo. La sua giovinezza ha passato a C atania, conoscendo bene l’ambiente siciliano, che poi doveva descrivere in molte sue opere. La sua prima formazione romantico-risorgimentale si svolse a Catania, dove abbandonando gli studi giuridici, decise di dedicarsi esclusivamente alla letteratura. Nell’attività letteraria del Verga si distinguono tre periodi: • Il periodo romantico patriottico • Il periodo romantico passionale • Il periodo verista Al primo periodo

appartengono i romanzi giovanili Amore e patria, I carbonari della montagna, Sulle lagune, in cui si parla del Risorgimento con grande entusiasmo. 13 Al secondo periodo romantico passionale appartengono i romanzi scritti durante il soggiorno fiorentino e milanese, quando il Verga viene a contatto con la cultura positivistica e con gli ambienti della Scapigliatura milanese. Sono romanzi d’amore pieni di sensualità (Una peccatrice, Storia di una capinera, Eva, Tigre reale, Eros). Nel terzo, periodo veristo, ritorna negli scritti alla Sicilia, non parla più del falso mondo borghese ma di quello degli umili in cui c’è più poesia. Allora la sua svolta decisiva verso il verismo, che sarà segnato dai racconti e dai romanzi di ambiente siciliano (Vita dei campi, I Malavoglia, Novelle rusticane, Mastro don Gesualdo). Anche qui lambientazione è siciliana e la lingua rispecchia con tecnica raffinata la realtà che fa da sfondo al romanzo. Della Cavalleria Rusticana lo stesso Verga

elabora una versione teatrale, che fu musicata da Pietro Mascagni (nel 1890). Giovanni Verga muore a Catania, nella sua città natale nel 1922. Lui è stato uno dei maggiori narratori italiani, nato dopo il Manzoni. Tra i suoi capolavori si può menzionare cinque volumi di novelle: Primavera e altri racconti (1876), Vita dei campi (1880), Novelle Rusticane (1883), Per le vie (1883), Vagabondaggio (1887). Nelle mie tesi di laurea mi occupo dettagliatamente di Nedda, del volume Vita dei campi, e delle Novelle rusticane. 4.1 Nedda Nel 1874 lui compose un bozzetto siciliano, la Nedda, che segna una crisi dei suoi precedenti orientamenti letterari e costituisce una tappa intermedia verso l’approdo al metodo verista. Cioè con questa novella comincia il te rzo periodo del Verga, in cui Verga è uno scrittore del realismo, del verismo. Cioè comincia a formarsi il s uo nuovo stile artistico, uno stile di impersonalità, di oggetività, di fotografare senza commentare. Un’apertura dello

scrittore su specifici problemi sociali era già comparsa in „Nedda” con la descrizione dell’ambiente di lavoro delle raccoglitrici di olive e il trattamento che ad esse veniva riservato in rapporto alla 14 forza lavoro prestata, per cui una donna incinta vedeva prima ridotta la sua paga e poi veniva licenziata. Tuttavia la critica ha considerato la novella un compromesso tra metodo tardo romantico e metodo verista: permangono in essa certi toni sentimentali e melodrammatici tipici della precedente produzione, mentre il linguaggio oscilla ancora tra una forma letteraria toscana, messa in bocca agli stessi personaggi siciliani, e un’attenzione al dialetto non ancora matura. Inoltre, il principio dell’impersonalità non è stato ancora acquisito, in quanto il narratore è presente nella vicenda con i suoi giudizi e i suoi commenti. 4.2 Vita dei campi Con la raccolta di novelle Vita dei campi, siamo già nel pieno del verismo verghiano. Verga ora rivolge la sua

attenzione alla Sicilia, a un m ondo, cioè, di “primitivi” (pescatori, contadini, minatori), gente semplice nei suoi effetti e nei suoi sentimenti, un m ondo dove le passioni, proprio perché istintive e non falsate dal controllo che la raffinata artificiosità e le convenzioni sociali borghesi e aristocratiche esercitano sui sentimenti, sono più vere e genuine. Tuttavia, queste novelle costituiscono i veri capolavori del Verga. Qui possiamo menzionare la Cavalleria rusticana, La Lupa, Jeli il pastore, Rosso Malpelo, e L’amante di Gramigna. Queste novelle sono famosissimi La prima novella della Vita dei campi è la Cavalleria Rusticana. Verga con questa novella aveva inaugurato il repertorio verista. Questa novella è m olto celebre, si tratta della vendetta della gelosia. Nella novella sono due protagonisti: Turiddu Macca, che torna del servizio militare e Lola, la donna amata da lui. Ma Lola si fidanza con Alfio, il ricco carrettiere. Dopo un primo accesso di furore Turriddu

sembra accettare la scelta della ragazza. La sua rassegnazione è giustificata: come potrebbe mai pretendere un individuo nella sua condizione socio-economica di poter competere con Alfio, uno dei più ricchi e agiati abitanti della zona? Turriddu „per 15 ripicca” corteggia Santa, la figlia di massaro Cola. L’evento centrale della storia è il tradimento di Lola che „adorna casa” in assenza del marito, cioè tradisce il compare Alfio con Turriddu. La celerità massima dell’azione indica che secondo Verga i p rotagonisti della novella sono eroi: da alla novella tutto il valore di una conclusione ritardata che viene dopo t anti volumi di preparazione, i volumi del cosidetto primo realismo verghiano. La Lupa è una novella che appartiene anch’essa al gruppo di novelle in cui lo scrittore ci mostra le scene selvagge della vita, dell’ardore sessuale e d ella gelosia. “Era alta, magra, aveva soltanto un seno fermo e vigoroso da bruna – e pure non era più giovane –

era pallida come se avesse sempre addosso la malaria, e s u quel pallore due occhi grandi così, e d elle labbra fresche e r osse, che vi mangiavano.” 6 Così comincia la novella e queste caratteristiche sono le più importanti per poter intendere, conoscere la Lupa. Tutti avevano paura di lei perché ella attirava con la sua bellezza i loro mariti e i loro figli anche se solo li guardava. Di ciò soffriva la figlia, Maricchia, che sapeva che non avrebbe trovato un marito. Una volta la Lupa si era innamorata follamente di un bel giovanotto, Nanni, che mieteva il grano con lei, e lo guardava avidamente e lo seguiva; una sera gli dichiarò il suo amore e lui rispose che voleva in sposa Maricchia. L’azione della novella accade velocissimamente dall’inizio alla fine. La tragedia è molto complicata. Verga ha provato rappresentare una tragedia non quot idiana La Lupa è più precisamente un dramma etico della sensualità. La novella è ambientata nella campagna, si presume quella

siciliana, le cui attività influenzano il lavoro dei contadini e che compaiono nella novella; quindi questo testo è legato al calendario "Agrario". Ciò che Verga ci suggerisce nella descrizione 6 Tutte le novelle, op. cit, p 145 16 dei luoghi è il fatto che la vita del bracciante sia resa dura dalla calura tipica della Sicilia durante le fasi più importanti del lavoro, quindi il r accolto o la semina. Il tempo: la novella individua i momenti più importanti della vita della Lupa, cioè la storia damore fallita fra lei e Nanni, ma possiamo tentare individuare il te mpo cronologico che coprono i fatti, sappiamo infatti, perché Verga lo indica nella novella, che gli eventi più significativi della vicenda sono coincidenti con alcuni momenti del calendario agricolo, come la semina, il r accolto, la spremitura delle olive e così via. Jeli il pastore è un’altra novella di argomento siciliano e rusticano. Anche in cui si tratta della vendetta della gelosia, della

gelosia di un povero passtorello. Jeli è il protagonista, che vive con le giumente e le pecore sulle montagne e sui pascoli quasi semibarbaria. Dopo la morte di suo padre non aveva altro conforte che l’amicizia di signorino, don Alfonso e l’amore della bambina, Mara. Dopo molti anni sposò la Mara Alla fine Mara è stata l’amante di signorino, e perciò Jeli uccise suo amico d’infanzia. Occorre fare riferimento alla novella Rosso malpelo nella quale lo scrittore presenta un problema sociale non di poco peso come era quello del lavoro infantile. Questo, a quel tempo, non solo era una forma di sfruttamento immorale, ma provocava anche, in ragazzi mal nutriti, malformazioni destinate ad aver peso su tutta la loro vita. Con Rosso comunque quella che ci viene presentata è la realtà, abbastanza diffusa nella Sicilia del tempo, dei carusi (venivano così chiamati i ragazzini salariati delle cave) i quali, appartenenti quasi sempre a famiglie assai numerose e poverissime, lavoravano

nelle peggiori condizioni ricevendo una paga appena sufficiente a sfamarli. Verga pertanto sollevò un pr oblema che anche la nostra Repubblica, a distanza di cento anni, ha risolto solo sul piano legislativo. Oggi infatti non è più possibile assumere ragazzi al di sotto di una certa età, che è quella dell’obbligo scolastico, ma tutti sanno che forte è in certe aree geografiche l’evasione di tale 17 obbligo e che molti ragazzi, non seguiti dalle famiglie, finiscono poi col cadere tra le maglie delle reti tese dalla malavita organizzata che li sfrutta peggio ancora. L’amante di Gramigna offrì a S alvatore Farina, che fu fondatore di una rivista milanese, famoso, Corriere della sera, scrittore, e critico. In questa scrisse li seguenti: „Noi rifacciamo il p rocesso artistico al quale dobbiamo tanti monumenti gloriosi, con metodo diverso, più minuzioso e più intimo. Sacrifichiamo volentieri l’effetto della catastrofe, allo sviluppo logico, necessario delle passioni

e dei fatti verso la catastrofe resa meno imreveduta, meno drammatica forse, ma non meno fatale.siamo più modesti, se non pi ù umili, ma la dimostrazione di cotesto legame oscuro tra cause ed effeti non sarà certo meno utile dell’arte dell’avvenire.” 7 La novella tratta dell’amorefra un br igante, Gramigna e Peppa, una molta bella ragazza di Licodia. 4.3 Novelle rusticane Un altro volume di novelle del Verga è Le novelle rusticane. Tra l’altro appartengono a quello la Malaria, La roba, il Pane nero, I galantuomini e anche la Libertà. Lo sfondo non è più l’amore come in Vita dei campi, ma la miseria, su cui l’artista si ferma deluso e triste. Prima di tutto vediamo La Roba. La Libertà emerge tra i capolavori delle novelle rusticane. In questo descrive la prima volta la crisi del Risorgimento. La rivolta contadina non è unicamente una rivoluzione, ma la vendetta delle masse contadine dei galantuomini. D urante l’acclamazione della libertà il popolo

assassinano in massa, poi stanno senza capire 7 Verga, Giovanni: Tutte le novelle, Oscar Mondadori, 1974. p 200 18 dinanzi alla decisione, vale a dire non ha nno ricevuto neanche un pu gno di terra. Tuttavia avrebbe segnalato la libertà per loro. 19 5. Il linguaggio di Verga: „Quando Verga iniziò la sua attività letteraria era ancora viva in Italia la questione della lingua, e si dibatteva se fosse opportuno adottare il toscano, secondo l’esempio manzoniano, o pi uttosto tendere all’elaborazione di una lingua sopraregionale, connubio dell’italiano medio e dei dialetti. Dal punto di vista linguistico Nedda segna un mutamento di rotta: vi affiorano parole, giri sintattici e ritmi del dialetto siciliano. Soltanto con Vita dei campi la creazione di un l inguaggio autonomo diverrà consapevole problema dello scrittore, intrecciandosi con quello più generale dello stile. Alla base è la tensionetra lingua italiana e dialetto siciliano, tra la cultura dello scrittore e

il „primitivismo” dei suoi personaggi.” 8 Nel linguaggio del Verga la parola, la frase, il periodo creano un a tmosfera che è quella della casa, della piazza, della masseria, del villaggio. Verga osserva il dialetto nella lingua letteraria. Linguisticamente l’adozione del dialetto, rifiutata dai narratori come scelta esclusiva, diventa predominante nel teatro e anche nella poesia. Allora la lingua di Verga è una lingua speciale. Il linguaggio verghiano è arditamente innovatore: dando spazio al linguaggio dialettale riesce a raggiungere effetti di grandiosa coralità. La lingua di Verga, con cui egli si dibatte nel periodo della sua infanzia artistica, è per una parte il dialetto siciliano tradotto approssimativamente in un italiano illustre e dall’altra è la lingua dei romanzi francesi anch’essa tradotta e r icondotta a un astratto e immaginario modello di una lingua nazionale. Più tardi, con la Storia di una capinera, subentrerà l’influenza del fiorentino parlato

e della lingua dei Promessi sposi (fino al bozzetto di Nedda questa reminiscenza della lingua manzoniana è assai visibile), e, infine, con le opere veristiche, lo scrittore tornerà a dibattersi, per scrupolo veristico, appunto, con quella che è la lingua parlata dei suoi personaggi: il dialetto siciliano. Il 8 Tutte le novelle, op. cit, pp 17-18 20 dialetto è proprio, lo Verga deve creare. La sua letteratura arricche di nella lingua instaura il paesaggio con peculiarite siciliani, sintattico e con giri di parole. Verga usa volentieri soprannomi nelle sue novelle cioè abbrevia i nomi. Per esempio:In Rosso Malpelo il protagonista è stato un r agazzo malizioso, cattivo e perciò si chiamato così. Anche in questa novella ha figurato Ranocchio, che saltava come una rana. Nella Malaria il massaro Croce chiamavano Rospo, perchè ha avuto ventre tumido e gli occhi smorti. Gna Pina significa la gnura Pina cioè in Sicilia il gna significa la signora si dà alle donne del popolo.

Quel gna è uno scorciativo del dueňa spagnuolo è caratteristico che nel dialetto siciliano e negli usi della vita sociale. Per esempio: gna Nunzia, gna Santa nella Cavalleria rusticana o gna Lia in Jeli il pastore. Nella novella di Jeli il pastore: Jeli anche è abbreviativo di Raffaele oppure di Gabriele, ma pi uttosto di Raffaele, perchè questo nome è più usato in Sicilia. Ancora si trova accorciativo anche in Nedda. „Il titolo del bozzetto, che apre il ciclo verista è u n nome, Nedda, che evidenza la tendenza popolar, ma anche delle clasi agiate, di abbreviare, dialettizzare, vezzeggiare, qualche volta stravolgere, l’originario nome di battesimo. Così Sebastiana diventa prima Sebastianedda ed infine Nedda, per l’uso utilizzare il suffisso.” 9 L’espressione „don”, è l’accostarsi nobili siciliani, rimase ancora il resto dei tempi spagnoli. Significò grado e servì a prenome Sopratutto in Don Licciu Papa e in I galantuomini possiamo incontrare con la parola

„don”. È importante nominare, che dopo impoverimento di don Piddu i contadini non l’hanno chiamato più „don” ma semplicemente hanno dato del tu a lui. 9 Cirnigliaro,Nino: Tradizione popolari nell’opera di Giovanni Verga, Utopia Edizione, p. 155 21 In Jeli il pastore è p resente un signorino che si chiama don Alfonso. All’inizio, secondo gli usi siciliani Jeli dò de l commendatore ad Alfonso, ma posteriormente fecero amicizia e Jeli dò del tu a signorino. Nelle novelle verghiane vediamo molti paroli, espressioni che denotano ai dialetti siciliani: prima di tutto nella novella di Nedda: Varannisa è Viagrande cioè un luogo siciliano sulle propaggini del Etna. Nella novella l’autore anche più volte applicò quest’espressione a laccostarsi a Nedda. Piana significa una pianura fertile intorno a Catania. Salutamo è una forma del saluto tra uomini appartenenti a stati sociali uguali. Nelle novelle troviamo spesso file che scritta in dialetto siciliano. Per

esempio nella Cavalleria rusticana: „Facemu cuntu ca chioppi e s campau, e l a nostra amicizia finìu”, è l’unico proverbio in questa novella, che lo scrittore riporta per intero in dialetto. Facciamo conto che dopo una pioggia duratura, il maltempo sia cessato del tutto, proprio come un’amicizia lunga e sincera, ormai rotta definitivamente. In Nedda si trova una canzone di contadino di Janu, il primo verso dei canti popolari, siciliani del dialetto: „ Picca cci voli ca la vaju!a la mi’amanti di l’arma Mia!” Massaro significa proprietario che coltiva nel campo preso a nolo. Per esempio nel Pane nero appare la forma di massaro Mariano, e proprietario Nanni felesbérlete Lamiaban. I galantuomini – „pigliando un pe zzo di terra in affitto, o a mezzeria.” ( Tutte le novelle,328.p) 6. Analisi delle novelle 6.1 La presentazione del paesaggio siciliano Geograficamente è molto facile fissare i confini di Sicilia, che si estende dalla Piana di Catania e dalla vallata

d’Aci fino alle falde dell’Etna e ai monti di 22 Licodia. Il paesaggio dell novelle è un p aesaggio vero, in genere descritta con la precisazione di una guida. L’autore odia al vento caratteristico del clima dei regioni meridionali, per esempio nel La Lupa incontriamo una frase “.levante di gennaio, oppure agosto.” scirocco di 10 L’autunno è il periodo della raccolta in tutta la campagna siciliana. In questo tempo i contadini frangono le olive, falciano, legano in covone. „I lavori grossi si concludevano in autunno inoltrato con la piacevole raccolta delle olive, che nelle annate di abbondanza durava fino all’inizo della primavera.” 11139 p (Trad.) In primavera aspettono i seguenti lavori grandi agricoli ai operai: la zappata, szőlőmetszés, állatok terelése, Nelle sue novelle (sopratutto in Jeli il p astore) con cambiamento delle stagioni rappresenta la bellezza del paesaggio siciliano, la flora e la fauna, e i lavori agricoli stagionali con

personificazioni e comparazioni. La stagione bellissima è la primavera. Questo anche lo scrittore pensa così perchè da questo stagione scrive il più delle volte. “Col marzo tornarono le allodole nel piano, i passeri sul tetto, le foglie e i nidi nelle siepi, Mara riprese ad andare a spasso, in compagnia di Jeli, nell’erba soffice, fra le macchie in fiore, sotto gli alberi ancora nudi che cominciavano a punteggiarsi di verde.163 p “i bei giorni d’aprile, quando il vento accavallava ad onde l’erba verde. i bei meriggi d’estate, in cui la campagna, bianchicchia, taceva, sotto il cielo fosco, e i grilli scoppiettavano fra le zolle, come se le stoppie si incendiassero! Le belle sere di estate che salivano adagio adagio come la nebbia, il buon odor e del fieno in cui si affondavano i gomiti, e il r onzìo malinconico degli insetti della sera.”Il bel cielo d’inverno attraverso i rami nudi del mandorlo, che rabbrividivano 10 11 Verga, Giovanni: Tutte le novelle, Oscar

Mondadori, 1974, p.146 23 al rovajo, e il viottolo che suonava gelato sotto lo zoccolo dei cavalli, e le allodole che trillavano in alto, al caldo, nell’azzurro! 156. p Nello stesso tempo questa bellezza confronta altre parte del paese, con la nudità, il deserto, la terra riarsa 184. “ nei campi biondi, colle siepi in fiore, e i lunghi filari verdi delle vigne Anche nel Rosso Malpelo ci troviamo una fila che sottolinea la desolazione dei dintorni. “La sciara si stendeva malinconica e deserta, fin dove giungeva la vista, e saliva e scendeva in picchi e burroni, nera e rugosa, senza un grillo che vi trilasse, o un uccello che venisse a cantarci.” 195 p Le piante caratteristiche del clima mediterraneo sono carrubi, arbusti di aloe vera, fichodindie, olive, somacchi, noci, agrumi. “La flora verghiana è quella tipica della Sicilia di quegli anni, è la macchia mediterranea. La varie essenze vegetali hanno sempre una loro tipicità” 96. p T rad: le chiome grigie degli

ulivi Jeli il pastore:“.i noci alti di Tebidi, e le folte macchie dei valloni, e le pendici delle colline verdi di sommacchi, e gli ulivi grigi che si addossavano nella valle come nebbia.fra gli aranci del giradino”178 p Il paesaggio siciliano ha una caratteristica: il terriccio, che Verga nomina “terra benedetta da Dio” nelle sue novelle. È probabile, che Verga chiami “terra benedetta da Dio” perchè questo tipo di terreno sia una terra di prima qualità e porti sempre raccolta abbondante. Nel Pane nero usa quest’espressione “alla Lamia, terre benedette da Dio, che producevano seminati alti come un uomo.” 299p Nella Malaria lo scrittore fa la domanda „perchè ci stia tutta quella gente” dove imperversa il più meglio la malaria. Ma nelle seguenti righe risponde “ Però dov’è la malaria è terra benedetta da Dio. “In giugno le spighe si coricano dal peso, e i solchi fumano quasi avessero sangue nelle vene appena c’entra il vomero in novembre.” 270.p

Malaria 24 “Nedda, che inaugura la svolta veristica, vive e si muove fra Viagrande, Ravanusa, Pedara, Nicolosi, Trecastagni, Punta, Aci Catena. La peculiarità dei luoghi narrati sono d’obbligo, per cui la Piana di Catania è maledetta per la malaria, che vi regna e che beffarda e cr udele come una maga cattiva elargisce in abbondanza febbri e raccolti favolosi.” (Tradizioni 61p) “Vizzini notoriamente è il paese della Cavalleria rusticana, ma nella novella trovano posto la vicina Licodia, Sortino, famosa per la buona razza dei suoi muli, la Canziria, che riapparirà ancora tantissime volte nella narrazione verghiana, ma che fin d’ora ci è mostrata nella sua tipicità, datale dalle macchie verdi dei fichidindia.”(61p) “A Vizzini e nelle sue campagne si snoda la storia di Jeli il pastore. Proprio questa novella ci sembra oltremodo interessante per la ricca e dettagliata citazione di campagne e contrade.” (62p ) „Tutta la narrazione verghiana, dalle novelle ai

romanzi, ha sempre una collocazione geografica da paesi, villaggi, contrade per lo più della Sicilia sudorientale, molti dei quali conosciuti personalmente dallo scrittore.” (Tradizione 59 p.) “La vicenda verghiana necessita sempre di un luogo d’appoggio ben definito, menzionato o no, ve ro nelle sue peculiarità urbanisctiche o agricole.Il Verga non si limita alla citazione di paesi, ma meglio di un contadino conosce le contrade di campagna, che circondano i paesi e in particolare la sua Vizzini” (60. p ) 6.2 Povertà e ricchezza La povertà e l ’ignoranza fa effetto l’uno sull’altro reciprocamente ai contadini siciliani, perchè Verga indica sua ignoranza come la forza della povertà. Ecco un esempio, il detto di Jeli: „-Io non ne so nulla. Io sono povero, ”(161p) 25 La povertà e la richezza come due concetti antitesi presentano nelle novelle verghiane.La povertà è il sogetto più frequente dei volumi siciliani del Verga Fu Nedda la prima novella

siciliana pubblicata, una novella importantissima da tanti punti di vista. Anche per il nostro argomento attuale è opera da base Della povertà si trova una descrizione lunga e dettagliata in Nedda: “Era una ragazza bruna, vestita miseramente; aveva quell’attitudine timida e ruvida che danno la miseria e l ’isolamento. Forse sarebbe stata bella, se gli stenti e la fatiche non ne avessero alterato profondamente non solo le sembianze gentili della donna, ma direi anche la forma umana.I suoi capelli erano neri, folti, arruffati, appena annodati con dello spago; aveva denti bianchi come avorio, e una certa grossolana avvenenza di lineamenti che rendeva attraente il suo sorriso. Gli occhi erano neri, grandi, nuotanti in un f luido azzurino, quali li avrebbe invidiati una regina a quella povera filgiuola raggomitolata sull’ultimo gradino della scala umana, se non f ossero stati offuscati dall’ombrosa timidezza della miseria, o non f ossero sembrati stupidi per una triste e

continua rassegnazione.” Neddàbol van idézve “Nessuno avrebbe potuto dire quanti anni avesse cotesta creatura umana; la miseria l’aveva schiacciata da bambina con tutti gli stenti che deformano e i nduriscono il corpo, l’anima e l’intelligenza. – Così era stato di sua madre, così di sua nonna, così sarebbe stato di sua figlia.” (41p) La povertà di Nedda è così profonda che la morte della sua mamma è quasi una salvezza perchè almeno per la medicina e per il dottore non bisogna pagare: „La povera formica, or che la mamma stando in Paradiso non l’era più a carico, era riuscita a farsi un po’ di corredo col suo lavoro. – Fra tutte le miserie del povero c’è anche quella del sollievo che arrecano le perdite più dolorose al cuore!” L’ultimo grado della sua sofferenza è la morte di sua bambina. E anche questa volta il dolore profondo di una madre non si presenta, soltanto un certo sollievo: 26 „-Oh! Benedette voi che siete morte – esclamò –

Oh benedette voi, Vergine santa (59.p) In Pane nero la povertà è p resente come tema centrale. Nella celebrazione del matrimonio si può os servare il bene, cioè la si sposa che è ricca. Allora si vede in quest’tempo che ha avuto ruolo della sostanza. In quest’epoca si osserva lotta per l’esistenza, quando gli uomini poveri combattono accanitamente per le sue sussistenza. Perciò non c’è da meravigliarsi che in quest’epoca è stato spesso matrimonio di convenienza. Poi caratterizza soggetto delle novelle che abitudine fondamentale degli uomini è i più poveri calpestrono, umiliono, Továbbá jellemző az is a novellák mondanivalójára, hogy az embereknek alapvető tulajdonságuk, hogy a náluk szegényebbeket meggyalázzák, megalázzák, eltiporják, semmibevegyék. /Ezt jó lenne ha szebben megfogalmaznád:)/ Nella Roba Verga presenta così il personaggio di protagonista, Mazzarò come eroe di nuova epoca, che sacrifica tutta cosa umana per procacciamento di podere.

Quest’uomo fu un contadino arricchito. Lui era nato povero ma poi era diventato molto avaro. Mazzarò era un uomo piccolo che di grosso aveva solo la pancia, era il più ricco ma non m angiava molti soltanto due soldi di pane con cipolla al giorno. Non aveva vizi: non be veva, non f umava, non amava le donne, non giocava ma viveva solo per la sua Roba. Gli uomini umili, e indebitati delegano le sue donne a Mazzarò per loro compatire. Tuttavia lui non si è intenerito mai a sentire le sue implorazioni. Se hanno chiesto denari da lui l’ha detto: non c’è „E non l’aveva davvero. Chè in tasca non teneva” 286p Lui è andato dicendo il seguente: Il denaro non è roba, e ha finito tutto il suo denero per terra. In modo paradossale descrive e tiene ingustizia del Dio che Mazzarò non ha già abbastanza tempo e quando ha visto i ragazzi esclamò così „ – Guardate chi ha i giorni lunghi!costui che non ha niente!” 287. p La fila finale della novella rispecchia fedelmente sua

attaccamento alla Roba: „Roba mia, vientene con me!” 27 6.3 L’Amore e la gelosia Esistono due novelle di argomenti siciliani e rusticani di Vita dei campi: Cavalleria rusticana e Jeli il pastore. In ogni storia i protagonisti moriranno assissinato. In queste novelle l’omicidio comanda la gelosia Allora questa è l a somiglianza fra Cavalleria Rusticana, e Jeli il p astore. Con questo fatto Verga accenna al mondo interiore degli uomini primtivi. Loro non pos sono comprimere aggressività ma subito assassinano. A hozomány fontosabb a szeelemnél. Pane nero Lupa- hiába volt hozománya de nem vette el senki, mert férfifaló volt.Inkább hozzá adta a leányát csak hogy a közelében lehessen a szerelme. L’amore di Jeli verso da Mara: Si può seguire avvicinamento di Jeli e M ara attraverso ai stagioni. Quando fu bel tempo incontrarono più volte In primavera fecero una passeggiata all’erba e d’estate fra le ficodindie e i noci. D’inverno Mara rimase a casa accanto

al focolare, Jeli invece soggiornò a fuori e così si diradò loro appuntamento. In Nedda: Dichiarazione d’amore fra Janu e Nedda: -O perchè ti fai rossa? – diss’egli ridendo. -Non te lo voglio dire. -Perchè hai bevuto? -No! - Perchè mi vuoi bene? Ella gli diede un pugno sull’umero e si mise a ridere. Da lontano si udi il raglio di un asino che sentiva l’erba fresca. – Sai perchè ragliano gli asini? – domando Janu - Dillo tu che lo sai. - Sì che lo so, ragliano perchè sono innamorati”(Tutte le novelle,56.p) 28 Verga menziona il più spesso tra gli animali, gli asini. Lo scrittore mette l’amore in relazione col mugghio dell’asino. 6.4 Malattia – Malaria La malattia dell’epoca è la malaria. Questa malattia imperversò sopratutto nelle parte d’Italia meridionale. Quasi in tutte novelle di Verga morì qualquno di malaria. Si presenta molto spesso soltanto con una parola per es la febbre, oppure il viso giallo. Nella Malaria già il tito lo anche

esprime la febbre palustre „Malarici sono i c orsi finali di quasi tutti i f iumi e torrenti, là dove l’acqua stagna in larghe pozze e ancor di più le pianure di Catania, Siracusa, Noto, Pachino, Terranova, oggi Gela, Licata.” Trad 152 ( il tema della malaria è p resente un po’ovunque nella narraione verghiana.) Nedda – Janu betegen is tovább dolgozik, ez lesz a veszte, a láztól elgyengülten lezuhant egy magas fáról és összetörte magát. „trovandosi così debole per le febbri, era caduto da un’alta cima”58. p Anche il padre di Jeli, il mandriano ha preso la malaria. La comparazione di seguito applica alla gravità della malattia „è malaria di quella che ammazza meglio di una schioppettata.” 164 p Pane nero – Carminio belázasodott Camemiben, „.al Camemi, dove la malaria quagliava come la neve.” 311p a fiú elveszítí munkáját Vitonál betegsége miatt, de el kell hallgatnia, mert testvére így figyelmezteti: „ – Non dir nulla che hai la

terzana, se no nessuno ti vuole, sapendo che sei malato.”313 p Verga disegna in modo seguente la malattia di compare Nanni: „Perchè la malattia di compare Nanni era stata lunga, di quelle che vi mangiano la carne addosso, e la roba della casa.” 298 p Lo scrittore qui mette in correlazione la malattia con la povertà, perchè la lunga cattiva salute impovere l’uomo. 29 Suo padre di Jeli fu mandriano a Ragoleti „dove la malaria si poteva mietere „ma nei terreni di malaria i pascoli sono grassi, e l e vacche non prendono le febbri.”158 p 6.5 Le Feste La prima festa dell’anno è i l Carnevale. Quando parliamo di feste prima di tutto pensiamo alle feste religiose tra le quali hanno importanza il Natale, la Pascqua, e le feste del patrono del paese. Quanto riguarda il Natale troviamo soltanto degli accenni secondari nelle novelle. Per esempio in Malaria: „E a Natale quando le anguille si vendono bene, nella casa in riva al lago, cenevano allegramente dinanzi al

fuoco, maccheroni, salciccia e ogni ben di Dio, mentre il vento urlava di fuori come un lupo che abbia fame e freddo”271 p. Anche la vendemmia, la raccolta, raccolta di oliva è stato girono festivo.Vigasság és szórakozás. Neddabol!!!! „La Pascqua di Resurrezione è preceduta dalla settimana santa, i cui riti, a partire dal giovedì, sono comuni a tutti i paesi della Sicilia, con più o m eno pompa spagnolesca” 106.p Trad „La Pascqua, così come vedremo per il Natale, costituisce un adata fissa per scadenze di debiti, ritorni a casa dopo lunghe assenze, per sciogliere o stipulare un contratto, per contrarre matrimonio, iniziare un fidanzamento, manifestando le proprie intenzioni di metter su casa ai parenti della ragazza.” 107 p „Il Verga non p erde l’occasione di sottolineare una diffusa usanza, legata alle festività della Pascqua, quella di indossare, proprio la domenica del Risorto, un abito leggero, nuovo. Nella mattinata della domenica non c’è paese di

Sicilia, che non abbia la sua processione” 106. p Trad „Venne la Pascqua, la gaia festa dei campi coi suoi falò giganteschi, colle sue allegre processioni fra i prati verdeggianti e sotto gli alberi carichi di fiori, colla 30 chiesuola parata a festa, gli usci delle casipole incoronati di festoni, e l e ragazze colle belle vesti nuove d’estate.” 57 p La religiosità del popolo siciliano segna tutte le feste è in relazione alla religione. Nena ha dato un berretto, una bottiglia di vino e un pezzo di formaggio a Santo. „a compare Santo la berretta di seta nera, ogni anno a santa Agrippina, e per fargli trovare un fiasco di vino, o un pezzo di formaggio” 300.p Il ruolo del vino assume un pos to particolare, insieme al pane. Anche simbolico Pensiamo a Cavalleria rusticana. Turiddu ha una colpa da espiare: unultima cena, un bicchiere di vino rifiutato, il bacio del tradimento. Una "passione" laica dove vino e sangue si mischiano e diventano una sorta di mancata

"eucarestia". Gli accessori delle feste sono: preparativi f ebbrile, luci solenni, la fiera, il divertimento. „si udiva sin lassù la campana di San Giovanni, che anche nel bujo e nel silenzio della campagna arrivava la festa, e p er tutto lo stradone, lontan lontano, sin dove c’era gente a piedi o a cavallo andava a Vizzini, si udiva gridare:Viva San Giovanni! – e i razzi salivano diritti e lucenti dietro i monti della Canziria, come le stelle che piovono in agosto.” 168 p Le fiere di bestiamme con annesso mercato di generi vari accomaganavano in tutti i paesi le feste dei Santi e del Patrono. Per esempio: Jeli lpastore-bol idezni a vasarrol szolokat! „Arrivando in piazza, Jeli rimase a bocca aperta dalla meraviglia: tutta quanta era un mare di fuoco, come quando si incendiano le stoppi, per il gran numero di razzi che i devoti accendevano in cospetto del Santo, il quale stava a goderseli dall’imboccatura del Rosario, tutto nero sotto il baldacchino

d’argento.” 174p Szokás, hagyományként említhető a templombajárás is. Jeli il pastore:San Giovanni Gramigna szeretojeben: Szt Margit zászlaja – a falu védőszentjenek képmásával dízsített zászlót körmenetek és ünnepélyes fevonulások alkalmával mindig egy-egy 31 kiválasztott derék legény vitte. Hasonlóan a magyar szokásokhoz mikor a falu védèszentjét búcsú alkalmával ünneplik meg. Nella Malaria: La casa e la famiglia sono tra gli ideali più importanti del mondo verghiano. Il focolare domestico è il luogo sacro, dove La presentazione del Natale „Il Verga metterà a profitto la lettura pitreana, riferendo le feste della sua Vizzini, da quella del Patrono S. Gregorio Magno nel Mastro don G esualdo, all’altra del Protettore S. Giovanni Battista in Jeli il pastore”99 p Trad 6.6 La morte e il lutto In quest’epoca fu la malaria malattia popolare. Bisogna sopravvivere la malaria. Ma non tutti sopravisseno questa malattia, molta gente

morì della malaria Questo fatto dimostrano anche le novelle di Verga, vale a dire anche l’innamorato di Nedda, Janu morì di questa malattia. Lui lavorò con fisico indebolito e ciò fu la sua rovina. “trovandosi così debole per le febbri, era caduto da un’alta cima, e s’era concio a quel modo.” (Tutte le novelle, 58p) La morte della madre di Nedda: „La vecchia la guardò a lungo coll’occhio semispento, e poscia l’abbracciò senza aprir bocca. Il giorno dopo vennero i becchini, il sagrestano e le comari Quando Nedda ebbe acconciato la morta nella bara, coi suoi migliori abiti, le mise fra le mani un garofano che aveva fiorito dentro una pentola fessa, e la più bella treccia dei suoi capelli, diede ai becchini quei pochi soldi che le rimanevano perchè facessero a modo, e non s cuotessero tanto la morta per la viottola sassosa del cimitero, poi rassettò il le ttuccio e l a casa, mise in alto, sullo scaffale, l’ultimo bicchiere di medicina, e andò a sedersi sulla

soglia dell’uscio, guardando il cielo.”48 p Nedda, szerelme Janu halála: maláriában legyengült szervezettel dolgozott, s úgy halt meg, hogy leesett a fáról. Nedda kislánya az éhségben pusztult el 32 „Gli animali delle pagine verghiane sono quelli che conducono l’esistenza in stretto contatto con i contadini, che da alcuni di essi, come l’asino e la mula, traggono sostentamento ed aiutano nei lavori dei campi e spesso costituiscono l’unica ricchezza” Trad. 92 p Allora anche Jeli adorò gli animali, lo cicondarono in tutta la sua vita cavalli, asini, porchi, capre. Perciò è comprensibile il suo atteggiamento, quando il suo cavallo preferito, Stellato capitò una disgrazia. Quasi lo si dispiaque, pianse più meglio di suo padre, che morì della malaria. Ma anche il cavallo amò Jeli, ma quest’amore è naturalmente mutua. Questo si rivela chiaramente dalla seguente citazione: „Lo stellato rimaneva immobile dove era caduto, colle zampe in aria, e mentre

Jeli l’andava tastando per ogni dove, piangendo e parlandogli quasi avesse potuto farsi intendere, la povera bestia rizzava il collo penosamente, e voltava la testa verso di lui, che si udiva l’anelito rotto dallo spasimo.” (Tutte le novelle,170p) Dopo la morte di suo padre si identifica col destino degli animali: „-Ora son proprio solo al mondo come un puledro smarrito, che se lo possono mangiare i lupi” 165. p. Il padre di Rosso Malpelo fu esempio. Malpelo portò il lutto così per il suo babbo che lui lavorò giorno della notte nella cava. Malpelo anche volle morire come suo padre, cioè nella cava. Màkviràg primitivsége Béka halálakor: „Il povero Ranocchio era più di là che di qua, sua madre piangeva e si disperava come se il f igliolo fosse di quelli che guadagnano dieci lire la settimana . Cotesto non arrivava a comprenderlo Malpelo, e domandò a Ranocchio perchè sua madre strillasse a quel modo, mentre che da due mesi ei non g uadagnava nemmeno quel che si

mangiava.” 198 p „Superstizioni e pregiudizi antichi, alcuni dei quali ancora in auge, sono strettamente congiunti alla scomparsa di una persona, che è preannunciata dalle cornacchie e 33 ancor più dal triste canto della civetta, uccello della notte, del buio e dunque della morte” 148. p T rad Qualche superstizione si può osservare nella descrizione di morte. Per esempio: Nel Pane nero Carmenio mormorò „ Ora la civetta ha sentito l’odore dei morti! Ora la mamma sta per morire!”Tutte le novelle 323.p Secondo le credenze popolare, se appare e chiurla un gufo dintoro a casa significa l’arrivo di morte. 6.7 I rapporti fra genitori e figli Nel pensare di Malpelo si sente la mancanza dell’amore d ei genitori. Malpelo raffronta la madre di Ranocchio e sua madre. La madre di Malpelo non da a vedere l’amore verso di lui. Malpelo non s a che lo ama sua madre e p erciò non capisce, perchè piange la madre di Ranocchio:„.la madre di Ranocchio strillasse a quel

modo perchè il suo figlio era sempre stato debole e malatticcio, . Egli invece era stato sano e robusto, ed era Malpelo, sua madre non aveva mai pianto per lui, perchè non aveva mai avuto timore di perderlo.”198p Nedda e la sua bimba Születéskor ugyanazzal az anyai ösztönnel ragszkodott gyermekhez, mnit ahogyan tudomásul vette a csecsemő halálát az ő gondolataiel: ne szenvedjen mint ő.„Ella diede alla luce una bambina rachitica e s tenta; quando le dissero che non era un maschio pianse come aveva pianto la sera in cui aveva chiuso l’uscio del casolare dietro al cataletto che se ne andava, e s’era trovata senza la mamma; ma non volle che la buttassero all Ruota. Perchè non era stata ipocrita, e p erchè non era snaturata.”58-59p Si mostra il rapporto tra il padre e il figlio in Jeli il pastore. Ogni mattina prima del lavoro curò devotomente suo padre malato, preparò tè di eucalipto, portò ramaglie sul fuocoOdaadóan gondozta beteg apját, minden reggel munka

előtt eukaliputsz teát készített, rőzsét hozott a tűzre, este munka után éjszakár ismét gonsokodott a 34 tüzelőről, borral és birkahússal kedveskedett: „il povero ragazzo faceva ogno cosa con garbo, come una brava massaia” 164. p In Lupa: Maricchia e la sua mamma különös viszonyáról olvashatunk,a hol a lány saját anyjára féltékeny. Gyalázatos anyának szólította 7. Conclusione Verga non è filosofo, sapiente ma uno scrittore narrativo che ogni singola persona esamina da vicino tenendolo in vista il modo di rappresentazione impassibile. La sua visione artistica caratterizza il p essimismo Secondo sua ars poetica non ha l’autorità di giudicare. Il metodo artistico del lavoro di Verga non studiò/approfittò della scuola francese, naturalistico, ma questo stile nacque naturalmente in Verga. La forma dell’espressione di sé stesso di Verga trovò piuttosto nelle opere minore, nelle novelle e non nei cicli dei romanzi monumentali come per esempio

Zola. Verga fu molto criticato per la sua primitività nel linguaggio. Strettamente connesso al problema della primitività è quello della sicilianità del mondo verghiano. Potrebbe continuare questo lavoro, sia per l’approfondimento delle origini dei elementi, sia per renderei un quadro più completo con l’esamina dei suoi romanzi più famosi e d i alcune novelle di altre raccolte. In quelle opere ricorrono motivi come l’amore, credenze, superstizione. Sua raffigurazione dell’uomo: Esistono due tipi di gente siciliana: Generalmente il riserbo caratterizza un tipo di gente siciliana Il loro riserbo deriva dalla diffidenza. Per questo sono solitari, perchè il mare isola dal mondo di fuori. Quindi si dice molte volte, che ogni uomo siciliano è un’isola separata. Cioè soffrono o s ono contenti a sé stessi silenziosamente, disperatamente. Invece v’è gente che, vi sono persone che, si s taccano da questa piccola isola affinché si schiuda e riveli sua passione nascosta.

Verga scelse una via 35 di mezzo, non è cupo, vede e s cusa le passioni opposte e riconosce sempre ha másnak van igaza. Verga non di ffida, ma non è l’uomo dei spiriti Questo è il fondamento della rappresentazione naturalistica, che volle escludere la personalità dello scrittore dalla rappresentazione reale. Si può c apire l’impersonalità dello scrittore nel disinteressato totale e nella verità da Verga. Verga rispettò attaccamento e rassegnazione degli uomini poveri alla vita laboriosa e la religiosità della famiglia. Ha creduto così che suo dovere descrisse fedele alla realtà la situazione dei popoli siciliani. I sentimenti diretti hanno la norma sentimentale: famiglia, terra natale, usi, interessi e passione dell’ambiente. Così riuscì creare la realtà Allora non costruisce un mondo ideologico secondo la sua idea. Quest’amore sarà di continuo triste Questa tristezza caretterizza i suoi volumi narrativi. 36 Bibliografia 1. CAPUANA, Luigi : Verga e

D’Annunzio, a cura di Mario Pomilio, Capelli Editore, Bologna, 1972. 2. CARETTI, Lanfranco– LUTI, Giorgio: La letteratura italiana per saggi storicamente disposti: L’Ottocento, Mursia, Milano, 1973. 3. CIRNIGLIARO, Nino: Tradizioni popolari nell’opera di Giovanni Verga, Utopia Edizioni, 1991. 4. DEBENEDETTI, Giacomo: Verga e il naturalismo: Tra la Sicilia, milano e l’Europa i nodi fondamentali del progetto artistico verista, Garzanti, Milano, 1993. 5. MADARÁSZ Imre: Az olasz irodalom története, Nemzeti Tankönyvkiadó, Budapest, 1994. 6. M FUSCO, Enrico: Scrittori e idee, Società Editrice Internazionale, Torino, 1956 7. RUSSO, Luigi: Giovanni Verga, Edizioni Laterza, Bari, 1959 8. RUSSO, Luigi: Verga romanziere e novelliere, Edizioni Rai, Torino, 1959 9. SCARAMUCCI, Ines : Verga lettore del Manzoni e altri saggi, Istituto di Propaganda Libraria, Milano, 1969. 10. SZEKERES György: Írók írókról: Huszadik századi tanulmányok, Európa Könyvkiadó, Budapest, 1970. 11.

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