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Év, oldalszám:2003, 18 oldal

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MANIFESTO IN DIFESA DELLA LINGUA ITALIANA Litaliano del Novecento ha riacquistato in scioltezza, rapidità e trasparenza ciò che aveva perduto nellOttocento. Oggi, nel Duemila, può essere di nuovo una lingua fulminea e chiara, uno strumento di comunicazione e di espressione pronto a scendere indifferentemente sul versante scritto come su quello parlato senza camuffarsi. Infatti, ben attestato sul crinale, controlla ormai entrambi gli orizzonti. Non è più magazzino inerte, ricettacolo passivo di ferrivecchi, trovarobato letterario, ma principio attivo. E di nuovo una spada, dopo essere stata a lungo un fodero. Eliminate le callosità lessicali, le rotondità auliche e le opacità burocratiche che la soffocavano, la lingua ha conservato la spina dorsale della sintassi, che è il suo genio segreto e la sua vocazione profonda. Questa vocazione riaffiora oggi in superficie ed è ben visibile sotto i detriti delluso corrente; né bastano a oscurarla la vulgata giornalistica, il dialetto

politico, i gerghi professionali, i linguaggi simil-tecnici. Hermann Broch ha scritto che dove degenera il linguaggio, là degenera la vita. Se dobbiamo credergli, in Italia la vita è salva, a dispetto della lunga e confusa transizione culturale e politica che stiamo attraversando. Una lingua è viva quando non ricorre a prefabbricati verbali, propri o altrui, per inventare comunicazione quotidiana o creazione letteraria, ma attinge alla falda profonda delle proprie potenziali risorse espressive. Queste risorse esistono, si sono conservate e rinnovate, e sono adesso alla portata di tutti. Eppure molte istituzioni pubbliche e private, non esclusa la scuola, non le attivano. Alitalia, le Ferrovie (si ponga attenzione alle scritte negli aeroporti e nelle stazioni) e le altre aziende di Stato, le banche e le agenzie di pubblicità dimenticano spesso che la comunicazione corrente non si fa con la comunicazione altrui, così come la letteratura non si fa con la letteratura; mentre anche i

peggiori panettieri sanno che il pane non si fa con il pane, ma con la farina. Se sia buona o cattiva farina il materiale linguistico di chi parla o scrive oggi, è questione di scelta. E però farina e non pane, a dispetto di televisioni e agenzie pubbliche. E dunque, almeno la vita è salva. Usare il linguaggio per giudicare la lingua, parlare di parole, è unimpresa delicata. Come battere conio anziché moneta. Ma la cultura è spesso costretta a fare capriole su se stessa, azzardando esplorazioni in zone assai più ignote di quelle battute dalla psicanalisi. Capire la coscienza è più difficile che capire linconscio. E poiché il linguaggio è a metà strada tra luna e laltro, chiunque, e in ogni momento, intenda difendere una lingua dai pericoli che la minacciano è costretto a affrontare entrambe le difficoltà. Litaliano non è una lingua lessicalmente ricca. Ma compensa la sua relativa povertà di parole con una straordinaria ricchezza di costruzioni e movenze sintattiche, che

possono rimpiazzare ottimamente sostantivi, verbi e aggettivi per garantire al discorso sfumature di significato e di espressione. Ha i suoi punti deboli, ma anche una straordinaria trasparenza e una singolare tendenza a degradare gli errori di pensiero a errori di lingua, segnalando i falli della mente attraverso le stesse regole che presiedono alla logica della sua espressione (ad esempio, non può cambiare a senso il soggetto di una frase o imbrogliare i tempi di unazione). Inoltre, si rifiuta giustamente di avvitarsi in quelle tortuose ripetizioni alle quali indulgono volentieri altre lingue (europee e non europee); e non per un banale gusto delleufonia, ma per la pretesa, bizzarra e generosa, di costringere il pensiero a non tornare mai sui propri passi e a sorvolare territori sempre nuovi e sconosciuti. Litaliano non è una lingua infinitamente duttile come linglese, sensuale come il russo (dove un suono può essere analizzato con dieci parole diverse), tagliente e apodittica

come il francese. E rigido e può facilmente apparire inamidato e goffo nelle effusioni sentimentali, perché riflette una cultura sotto sotto scettica; ed è anche smorto e impreciso nella resa delle sensazioni, perché troppo ancorato al filtro dellintelletto. Inoltre, è sospinto da una tradizione secolare verso il povero rimbombo ciceroniano dello stile cattedrattico. Eppure, se usato bene, litaliano può diventare espressivo, sensuale, limpido, semplice ed essenziale come nessunaltra lingua. Ed è usato bene quando è lineare, perché questo è il suo 1 demone, il suo genio. Infatti è una lingua fredda, dura, lucida, consequenziale Tra i suoi meriti può vantare anche una propensione naturale al giusto dosaggio tra astratto e concreto e una diffidenza, nascosta ma tenace, per le frane incontenibili che trascinano verso lempireo delle idee artificiali. Alle quali si abbandona invece, orgiasticamente, il tedesco: lingua meritoria, ancora caldissima e omerica (e però senza

parapetti verso lindefinito), nella quale la creazione incessante di parole e di concetti consente tuttora, agli albori del XXI secolo, di battezzare le cose che esistono come le cose che non esistono, e di scrivere quasi quotidianamente lIliade e lOdissea della mitografia concettuale, il grande epos moderno del pensiero burocratizzato o estaticamente meccanizzato. Ma va ricordato che, per quanto vitale, nessuna lingua può resistere a lungo al disinteresse di chi la parla e la scrive; e in Italia, in questi anni, la disattenzione teorica per lidioma nazionale è stata totale. Molti scrittori, che sono i depositari naturali della lingua, hanno preferito cercare espressività nei dialetti. Altri hanno atteso trepidanti larrivo del basic english Nessuno, o quasi, ha difeso litaliano, distinguendolo dai dialetti e dalla dilagante idolatria per tutto ciò che è globale o locale; anche se, in questi anni, un certo numero di autori ha usato una lingua bella e chiara, fornendo esempi

diversissimi e magari opposti delle grandi possibilità e della straordinaria versatilità di quel demone che ci fa parlare e scrivere. Minacciate dalla ripresa dei dialetti, dallinsorgenza dei gerghi corporativi e dallavanzata del pidgin english, le grandi lingue dellEuropa si difendono come possono. E non solo la Francia, sempre sensibile alla continuità e alla vitalità della sua cultura, difende il francese; ma anche la Germania, assai più restia (per radicate e giustificate ragioni) a compromettersi con rivendicazioni identitarie, ha recentemente lanciato una grande campagna per la difesa del tedesco. Sembra necessario , dunque, avviare anche in Italia un movimento di resistenza attiva contro linquinamento della lingua. La quale non è minacciata da chi parla o scrive, ma da chi si augura la sua rapida estinzione per poter approdare, quanto prima, a un mondo globalizzato, dove la comunicazione corrente sia affidata ai dialetti e quella culturale al basic english. Da questo punto

di vista, il purismo lessicale non è importante; sono utili i prestiti linguistici, possibili le contaminazioni efficaci, benvenute le innovazioni intelligenti: ma è vitale la difesa della sintassi, che è la struttura ossea di qualsiasi linguaggio. Gli Aeroporti italiani e le banche che, per una campagna contro il fumo, non hanno trovato di meglio che spalmare parole italiane su un frasario inglese, inventando lo slogan: "Grazie per non fumare!" ("Thank you for not smoking!"), non sanno, forse, di aver creato un mostro. Si sono comportati, più o meno, come un biologo che pretendesse di stendere la pelle di una lepre sullo scheletro di un gatto per ottenere un animale al tempo stesso aggressivo e veloce. Ignorano probabilmente che ibridi di questo genere, come il pidgin english dilagante, possono ridurre in breve tempo culture sedimentate alla balbuzie puerile di una clinica per minorati. Sempre che, sapendolo, non se lo augurino: in nome di una rapida

unificazione del mondo sotto limpero della new economy. Contro questa unificazione autoritaria e impoverente, la lingua è unarma. da "Il Tempo" 6 giugno 2000 2 ELEMENTI DEL METODO SUGGESTOPEDICO NELLA SCUOLA MEDIA E MEDIA SUPERIORE Roberta Ferencich Nella maggior parte dei casi l’insegnante ha solo una o al massimo due ore di lezione continuate, che non permettono di certo una ritmizzazione completa delle fasi del metodo. Si possono comunque utilizzare degli elementi che, anche se presi separatamente, rendono sicuramente la lezione più effettiva. La mia opinione è che l’insegnante è il responsabile del gruppo, in questo caso della classe. Se la classe o soltanto certi studenti non raggiungono gli obiettivi previsti – che sono raggiungibili per gli altri compagni o dal programma ministeriale – non è necessariamente colpa dello studente, ma è l’insegnante che si deve chiedere."cosa posso cambiare nel mio metodo per aiutarli che risorse hanno bisogno

questi studenti per raggiungere l’obiettivo previsto?" Per trovare queste risposte l’insegnante potrebbe domandarsi quali siano le strategie di memorizzazione migliori, o quali potrebbero essere elementi motivanti per aumentare la loro attenzione durante le lezioni. Incuriosire gli studenti, linguaggio positivo e multisensoriale, ambiente e atmosfera positivi, rendere la lezione effettivamente spigliata, accattivante ed interessante, divertire senza perdere la propria posizione gerarchica del gruppo, evitare la situazione frontale e preoccuparsi di ancoraggi con il proprio linguaggio parlalinguistico per stabilire ed automatizzare delle specifiche reazioni degli studenti (attenzione, silenzio, interazione, discussione ecc.) possono diventare i "tools" per un approccio diverso. Il linguaggio positivo aiuta lo studente a desuggerire le barriere di apprendimento che forse ha già acquisito in passato. Invece di dire "sbagliato" si può usare l’espressione

"quasi giusto", "sei sulla buona strada", invece di dire "non hai capito" si può preferire l’espressione "te lo spiego con altre parole" ecc. La multisensorialità nell’insegnamento è, a mio parere, fondamentale. L’insegnante si deve preoccupare di presentare dal punto di vista auditivo (facendo particolare attenzione al tono e al volume della voce), visivo (visualizzare alla lavagna, o su poster, usare video, dare il tempo agli studenti di visualizzare con degli appunti, schematizzare e riassumere.) e dal punto di vista cinestesico (far provare "sensazioni", giochi di ruolo, movimento ecc.) Questo permette a tutti i tipi di memorizzare. Se l’insegnante si sedesse in cattedra e soltanto "spiegasse la lezione" senza visualizzare la materia, lo studente "visivo" non avrebbe chance di memorizzazione. L’ambiente e l’atmosfera possono essere resi positivi se ci si prendesse un po’ di tempo per addobbare

l’aula. Solitamente nelle scuole italiane sono gli insegnanti che si spostano per entrare nella classe a parte i laboratori. Un’altra possibilità sarebbe che gli studenti si spostassero nell’aula di disegno, o matematica o lingua straniera. che abbia un’identità specifica. Nell’esempio della lingua straniera sarebbe possibile stabilire una stanza addobbata con poster di quel Paese, stimoli periferici che ricordano strutture grammaticali anche fatti dagli stessi studenti ecc. Lasciamo il fatto che il laboratorio linguistico abbia soltanto l’impronta auditiva e riproduttiva senza possibilità di interazione comunicativa, per me dotazione scolastica inutile o almeno poco produttiva. Più favorevole un video registratore con televisione per favorire l’impatto concreto e autentico con la lingua e le usanze del posto. Lavorare con video vuol dire impegnarsi in un’unità didattica che abbia un obiettivo determinato da ascolto e visualizzazione, produzione, discussione e

riproduzione, con la grande possibilità dell’elemento sempre più importante della competenza interculturale e autenticità dei materiali. Anche il lavoro con il computer, arrivando addirittura a progetti di e-learning, ricerche in internet, scambi intermediali con scuole di altri Paesi, può avvicinare l’insegnante allo studente. 3 Un altro elemento da prendere in considerazione è il concetto che l’ apprendimento potrebbe essere divertente. Cosa potrebbe sognare di più un insegnante se i suoi studenti vanno volentieri alla sua lezione e non guardano più l’orologio con aria sognante con il pensiero fisso di "oddio quando suona il campanello"? Potrebbe essere "la rivoluzione". se lo studente pensasse "mi piace andare a scuola, mi diverto e mi piace imparare"? Imparare non vuol dire necessariamente "provare fatica" o "provare dolore", "stress". Cosa può fare l’insegnante per raggiungere questo obiettivo?

L’elemento ludico nella lezione può essere una buona strategia di apprendimento anche nelle scuole medie e medie superiori. Quali sono le possibilità? Lavorare con la musica: usare delle canzoni a seconda del tema trattato, per discuterne il testo. Anche per la lezione di lingua straniera le possibilità di lavorare con la musica sono numerose: si possono sostituire delle parole con disegni su cartoncini e presentare il testo con gli spazi vuoti per le figure. Distribuire le figure o le parole sul pavimento e quando gli studenti sentono la parole afferrare il cartoncino, ecc. Giochi di ruolo, lavoro di gruppo, giochi vari, visualizzazioni guidate, lavori di gruppo, attività motorie in classe e cento altre possibilità. Come può essere utile una breve fase di rilassamento, per esempio dopo un compito in classe, lo posso descrivere dalle mie numerose esperienze in classe in un Liceo a Francoforte. Il "Centering" dura ca. 5-8 minuti Invito gli studenti a sedersi

comodamente sulla sedia, a chiudere gli occhi e ascoltare della musica rilassante. Durante il brano musicale, con voce pacata invito li a rilassarsi e a ritrovare forza, energia e risorse positive che attivino l’attenzione per la prossima ora. Ci sono delle tecniche specifiche importanti per operare un "Centering" a cui mi riferirò in altra sede. Fondamentale è comunque non imporre agli studenti il "Centering", rendendolo assolutamente facoltativo, proporlo se lo si ritiene necessario e se la maggioranza lo desidera, pregando coloro che non partecipano di rimanere nell’aula in silenzio senza disturbare per i 5 – 8 minuti necessari. Scuola senza stress dei voti. è mai possibile? Nella mia esperienza scolastica in Germania ho affrontato anche il problema dei voti, assicurando già dall’inizio dell’anno scolastico la sufficienza a tutti gli studenti che partecipano attivamente alla lezione. Il risultato è stato estremamente positivo, perché gli studenti

avevano perso lo stress del confronto con il risultato, gli obiettivi del programma scolastico sono stati non solo raggiunti ma anche di gran lunga superati e il risultato di competenza è stato ottimo. Non ci sono state insufficienze. Gli studenti che sono stati più attivi e hanno dimostrato più competenza (certamente non sono stati eliminati i compiti in classe) hanno avuto dei voti più alti. Agli studenti più deboli, che comunque si davano molto da fare ho offerto strategie di apprendimento diverse da quelle che usavano in passato, dedicandomi a loro quando gli altri lavoravano in gruppi. Notevole è inoltre la sensazione di appartenenza al gruppo favorita dalle attività di più persone che aiutano lo scambio di idee e le esperienze comuni. Un’ultima precisazione per quanto riguardi il movimento. I "poveri studenti" si ritrovano alla loro età a dover stare dietro un banco di scuola, seduti per ore e ore (di solito almeno 5), magari in silenzio, porgendo la massima

attenzione all’insegnante, che lì dalla cattedra "parla di cose noiose che non si capiscono neppure". mentre avrebbero bisogno di movimento. 4 Ci sono attività motorie effettive che si possono fare in spazi molto ristretti per il recupero di energia, per favorire la concentrazione. Queste attività possono avere anche uno sfondo didattico. Un esempio può essere anche semplicemente passarsi una pallina (attenzione che non sia una pallina da tennis che possa ferire qualcuno o fare qualche danno!!! esistono palline in gomma piuma che funzionano benissimo allo scopo) facendo una domanda e dando una risposta, o giocare a palla a volo con un palloncino (che è lento nei movimenti e di nuovo non può fare danni) ripetendo per esempio dei vocaboli nuovi ecc. Una raccolta di questi giochi di movimento e altre attività uscirà tra breve nelle librerie. Anche il semplice movimento gomito destro su ginocchio sinistro, gomito sinistro su ginocchio destro, a ritmo di musica

(scelta dagli studenti) può aiutare il recupero di energia. Da ainms.it 5 METODO TOMATIS Il Metodo Tomatis, o metodo audio-psico-fonologico, è stato ideato dal prof. Alfred Tomatis, otorinolaringoiatra e chirurgo, nato a Nízza nel 1920 da genitori italiani. Fin dal 1945 i1 prof Tomatis ha dedicato la sua vita, prima in Francia, poi all’estero (Canada, Stati Uniti, Europa, dove le sue teorie e le loro applicazioni sono ampiamente diffuse), alle ricerche sullaudizione, sul linguaggio e la comunicazione, evidenziando così la relazione esistente tra orecchio, linguaggio e psiche. Il prof. Tomatis condusse le sue ricerche dapprima nel laboratorio di audiologia dellAeronautica Francese e successivamente nel suo centro di audiologia medica. Analizzando un campione di soggetti che svolgevano le proprie attività lavorative in ambienti particolarmente rumorosi (banco di prova per motori a reazione, banco di prova per motori a scoppio, ribattitura di lamiere in cantieri navali,

martello pneumatico, ecc.), osservò che le frequenze dei suoni che l’orecchio non riusciva a percepire, erano le stesse che la voce non riusciva a emettere. Proseguendo le sue ricerche su un campione di soggetti più grande e variegato (tra cui anche i cantanti),Tomatis dedusse che questa era una caratteristica generale valida per qualsiasi soggetto: la persona non è in grado di riprodurre con la voce quelle frequenze che non è in grado di udire. Inoltre, in laboratorio venne provato che ogni modificazione dello schema uditivo comportava una modificazione dello schema vocale: questo venne chiamato "Effetto Tomatis".A partire da questa intuizione il Prof Tomatis portò avanti le sue ricerche su un piano multidisciplinare, avvalendosi di studi di audiologia, fonologia e psicologia. Nacque i1 metodo audio-psico-fonologico o metodo Tomatis, presentato poi a1lAccademia delle Scienze e allAccademia di Medicina di Parigi (1957-1960). II metodo Tomatis è una tecnica di

stimolazione sonora e un intervento pedagogico col fine di migliorare il funzionamento dellorecchio, la comunicazione verbale, il desiderio di comunicare e imparare, la consapevolezza dellimmagine corporea, il controllo audiovocale e quello motorio. Il bilancio iniziale viene effettuato da un terapista dellascolto formato sotto la supervisione del prof. Alfred Tomatis Il bilancio prevede dei test d’ascolto, di dominanza laterale e dei disegni di figure integrati da un’anamnesi personale. Lorecchio umano ha la capacità di svolgere, normalmente, le seguenti funzioni: 1) Percepire i suoni 2) Elaborare i suoni senza distorsione 3) Distinguere suoni alti e bassi 4) Percepire 1origine spaziale dei suoni 5) Prestare attenzione ai suoni che si vogliono ascoltare ed evitare quelli che non si vogliono ascoltare (concentrazione) 6) Trasmettere energia al cervello tramite il segnale nervoso del suono (ricarica corticale) 7) Integrare e coordinare le informazioni provenienti dai movimenti dei

muscoli 8) Mantenere 1equilibrio e il rapporto con la gravità 9) Stimolare e mantenere 1equilibrio neurovegetativo 10) Controllare la fonazione 11) Controllare labilità musicale Queste funzioni possono essere alterate a qualsiasi età a causa di incidenti, malattie o traumi emotivi. Attraverso luso delle tecniche sviluppate dal dr Alfred Tomatis è possibile ridare allorecchio la sua efficienza essenziale, quando la causa non è conduttiva o un danno sensoneurale. Spesso quello che sembra essere una difficoltà organica o sensoneurale è, almeno in parte, dovuto ad uno scarso funzionamento, ritardato sviluppo o a cause emozionali. A questo cattivo utilizzo dell’orecchiopossono conseguire difficoltà d’apprendimento, mancanza di motivazione ed anche depressione. 6 Un orecchio che funziona bene è descritto come un orecchio che ascolta bene, che può in pratica concentrarsi tra tutti i suoni della gamma delludibile, su quelli che vuole ascoltare e tagliare fuori,

momentaneamente, quelli che non interessano; esso può percepire ed analizzare ogni parte dello spettro sonoro con il massimo di velocità e precisione e integrare i movimenti muscolari che riceve da tutto il corpo. Un buon orecchio ha la sua controparte in una voce di buona qualità e tonalità. Vale a dire una buona voce riflette un buon orecchio. Noi ascoltiamo, parliamo, cantiamo, leggiamo, scriviamo e impariamo con il nostro orecchio. Il bilancio iniziale di ascolto identifica le capacità funzionali dellorecchio diagnosticandone forze e debolezze. Il test di ascolto fornisce una comparazione dellascolto della persona con un orecchio ideale ben funzionante basata sui seguenti requisiti: 1) una soglia dudibilità dentro la norma; 2)una selettività uditiva aperta per 1analisi e la comparazione dei suoni per determinare la loro differenza luno dallaltro e la direzione di questa differenza (toni più alti e toni più bassi); 3) una precisa spazializzazione dei suoni per

lidentificazione della direzione della sorgente sonora; 4) una curva dascolto ascendente fino a 3000-4000 Hz con una stabilizzazione a questo livello e una leggera caduta nelle frequenze più alte, per permettere una più facile discriminazione fra i suoni; 5) unattenzione maggiore ai suoni che si vogliono ascoltare rispetto agli altri; 6) uniformità di ricezione e unassenza di distorsione nella curva di risposta dellorecchio; 7) un equilibrio tra conduzione ossea e conduzione aerea in ogni orecchio e tra i due orecchi; 8) una dominanza audiovocale destra per un controllo neurologicamente efficiente dellanalisi del suono direttamente dallorecchio destro al centro del linguaggio dellemisfero sinistro; 9) integrazione vestibolare delle informazioni muscolari e sensorie per un effettivo controllo motorio; 10) percezione dei suoni ad alta frequenza per energizzare e ricaricare il cervello. Il venir meno di uno o più di questi parametri produce una percezione disarmonica che si traduce in

un ascolto non equilibrato e, di conseguenza, in un cattivo apprendimento e insicurezza. Secondo Tomatis, un problema di ascolto che non è il risultato di una causa organica generalmente ha unorigine psicologica. In migliaia di casi studiati il dr Tomatis ha osservato che molti pazienti raccontavano di situazioni nei primi anni di vita in cui rifiutavano di accettare certi stimoli provenienti dallambiente, più particolarmente quelli del linguaggio parlato. Situazioni di trauma emotivo, a volte accompagnate da un trauma fisico, portavano allesclusione delle informazioni per proteggersi. Chiudersi allinformazione sonora è di fatto possibile A livello fisiologico questo si manifesta con un rilassamento dei muscoli dellorecchio medio. Questo stato di flaccidità, simile alla chiusura delle palpebre per locchio, impedisce considerevolmente il passaggio del suono, senza per questo la persona diventare sorda. Sfortunatamente non è così facile per 1orecchio, come lo è per locchio,

aprirsi di nuovo. I muscoli dellorecchio medio rimasti inattivi per molto tempo hanno perso la loro tonicità. I suoni sono percepiti in maniera imprecisa e, come risultato, sono analizzati in maniera non corretta: in altre parole 1ascolto è impedito. Al fine di aiutare 1orecchio umano a stabilire o ristabilire il suo pieno potenziale, il dr. Tomatis ha sviluppato un metodo di rieducazione allascolto che utilizza musiche elaborate da una speciale apparecchiatura chiamata Orecchio Elettronico. Le sedute di rieducazione e i test progressivi di controllo e le consultazioni vengono programmati dopo il bilancio iniziale (bilancio audio-psico-fonologico). II programma, intensivo, è così suddiviso: una prima parte, generalmente di ascolto passivo, senza cioè esercitazioni audiovocali, durante 15 giorni per due ore al giorno. Segue un periodo di 6-10 settimane di intervallo che serve alla persona ad integrare i nuovi modelli di ascolto; dopodiché segue una seconda fase di 8 giorni, sempre

due ore al giorno, in cui si continua il 7 training passivo si eseguono esercizi attivi di lettura ad alta voce, sotto Orecchio elettronico, e particolari esercizi per raggiungere il controllo audiovocale e mantenerlo índipendentemente dallOrecchio Elettronico. La lunghezza del programma varia in dipendenza della motivazione personale e del grado di difficoltà. Un programma medio si articola su I5 giorni, più 8 giorni più 8 giorni, sempre con 6-10 settimane di intervallo tra ogni periodo, oppure tre cicli di 10 giorni ciascuno con lo stesso tipo dintervallo. Durante le sedute la persona ascolta, attraverso lOrecchio Elettronico, suoni (musiche, canti) filtrati elettronicamente per stimolare la capacità di messa a fuoco dellorecchio. Man mano che migliora il potere selettivo dellorecchio, la persona riesce a percepire i suoni con minore distorsione ed analizzarli con più precisione su tutta la gamma delle frequenze dai suoni fondamentali alle armoniche più elevate. Per un

orecchio non allenato la frequenza fondamentale di un suono spesso maschera il suo spettro armonico e la persona ha delle difficoltà a controllare il timbro della voce (linsieme delle armoniche più elevate). Di conseguenza la voce rimane piatta, senza modulazione Migliorando 1ascolto la persona ha 1opportunità di migliorare la qualità, la fluidità, la modulazione e larticolazione della voce, con gran beneficio per sé e per le persone che ascoltano. Linteresse nel campo dellinsegnamento e del lavoro è vasto Una voce che trasmette energia e interesse, invita più facilmente all’ascolto. Il training può aiutare il musicista che non riesce a sintonizzare il proprio orecchio allascolto del suono emesso dallo strumento o dalla voce per meglio regolare la melodia. Ascoltando la musica filtrata attraverso 1Orecchio Elettronico, i muscoli dellorecchio medio sono allenati ad accomodarsi sulle armoniche più elevate di ogni sorgente sonora e migliorando così gradualmente il timbro

della voce o dello strumento. Molti cantanti ed attori usano il metodo per affinare le proprie potenzialità o per assimilare velocemente specifici copioni e spartiti. Insieme allorecchio, il corpo tutto ascolta. Una persona che ascolta bene diventa cosciente della propria postura e durante il training audiovocale acquisisce una corretta postura dascolto. Sviluppa una schiena diritta, ma non rigida, la testa prende la giusta distanza dalle spalle con collo e mascella rilassati; il torace si apre per favorire unampia respirazione. Ricordiamo che Tomatis ha scoperto che il modo di ascoltare condiziona anche il modo come ci muoviamo e la nostra postura tramite la relazione coclea-vestibolo. Basta osservare il diverso modo di stare in piedi e di muoversi di persone appartenenti a gruppi linguistici diversi. Tomatis ha studiato le molte funzioni dellorecchio umano, scoprendo che primariamente esso è un sistema per produrre la ricarica corticale e favorire il potenziale elettrico del

cervello. Il suono è trasformato in stimolo nervoso dalle cellule dellOrgano del Corti nellorecchio interno, inviato alla corteccia cerebrale e da lì allintero organismo per dinamizzarlo e tonificarlo. Non tutti i suoni producono quest’effetto di ricarica. Tomatis fa notare che sulla membrana basilare le cellule del Corti sono maggiormente addensate nellarea responsiva alle alte frequenze che in quella responsiva alle basse frequenze. Per questo, le alte frequenze sono più ricaricanti che le basse frequenze. Inoltre i suoni di bassa frequenza non solo inviano energia al cervello in modo insufficiente, ma possono anche affaticare la persona inducendo risposte motorie che assorbono più energia di quanto 1orecchio riesca a produrne. Le persone che hanno tendenza ad essere stanche o depresse, hanno spesso una voce piatta, senza tono, con un contenuto molto basso di alte frequenze. Leffetto energizzante della musica, contenente molte frequenze acute, è di notevole aiuto anche a

persone che hanno subito danni neurologici o altri problemi fisici, che sfociano in un abbassamento generale dellenergia. Laumentata ricarica corticale risultante dallascolto di musica ricca in alte frequenze si traduce in un aumento della motivazione personale, maggiore facilità nel lavoro, un abbassamento del livello di fatica, un accresciuto senso di vitalità, un miglioramento dellattenzione, 8 concentrazione e memoria, e minore bisogno di sonno nel caso la persona tende a compensare il calo di energia dormendo molto. Tutti questi fattori, ma soprattutto 1accresciuta capacità di concentrazione e memoria, possono aiutare considerevolmente la persona a migliorare la comunicazione e 1apprendimento. Tomatis ha dimostrato che le funzioni vestibolare (equilibrio) e cocleare (decodifica dei suoni) dellorecchio sono unificate in un unico sistema. Anatomicamente il nervo vestibolare è presente a ogni livello del midollo spinale ed è da lì direttamente connesso con tutti i muscoli

del corpo. La stimolazione dellorecchio tramite la musica filtrata agisce sullimmagine corporea migliorando la consapevolezza e il controllo di tutti i segmenti corporei. Inoltre il sistema vestibolare controlla la consapevolezza temporo-spaziale richiesta nel ritmo e nellequilibrio. Molti sportivi, soprattutto sciatori, anche famosi, integrano gli allenamenti con sedute dascolto. Tomatis spiega come il nervo vago, il ramo sensorio auricolare del nervo pneumogastrico regola, attraverso le sue ramificazioni, la faringe e i diversi organi del corpo. Il ramo auricolare innerva la superficie esterna della cassa timpanica formando così una connessione tra la nostra vita neurovegetativa interna e il mondo esterno. La persona esperimenta un riequilibrio del sistema neurovegetativo, che si riflette in un miglioramento del sonno e dellappetito. Lascolto di musica filtrata attraverso 1Orecchio Elettronico migliora la tensione della membrana timpanica, la quale, quando è tesa, attenua 1ampiezza

della vibrazione del ramo sensorio auricolare e di conseguenza regola il nervo vago. Questa regolazione è generalmente esperita dalla persona come una sensazione di benessere, come una liberazione da un pesante fardello dal contenuto mal definito. La persona diviene più fiduciosa nelle proprie possibilità, più consapevole delle proprie capacità e più desiderosa d’usare la propria voce in maniera assertiva. Le sessioni audiovocali consistono in ripetizioni di parole e di testi, alternate con sedute di canti e musica (filtrata e non). Le parole e i testi portano progressivamente 1orecchio ad ascoltare sullintero range di armonici dellinformazione sonora. Durante la ripetizione di parole e frasi, la voce della persona, captata da un microfono, viene modificata dall’Orecchio Elettronico e restituita alla stessa tramite una speciale cuffia. I filtri adattano la voce sull’intero spettro sonoro, parlato e musicale, al fine di dare un controllo di alta qualità ed unanalisi dei

suoni più efficiente. Poiché la laringe può emettere soltanto gli armonici che 1orecchio riesce a percepire (Effetto Tomatis, dimostrato alla Sorbona nel 1957), la parola, la frase o il passaggio musicale sono emessi sotto un controllo più preciso. Quando 1orecchio ascolta bene, il corpo intero viene coinvolto nel processo. Lapprendimento viene facilitato e nuovi modelli possono venire integrati e sviluppati. Gli effetti positivi, nelle difficoltà scolastiche, sono notevoli e documentati In proseguimento al programma audiovocale si consiglia alla persona di praticare a casa ogni giorno un esercizio fonatorio per almeno mezz’ora. L’esercizio consiste in una lettura ad alta voce, mantenendo una buona postura audiovocale e tenendo la mano destra vicino alla bocca al fine di rafforzare la dominanza audiovocale destra. In questo modo, la qualità, il ritmo e la fluidità della voce migliorano. Una volta che la persona ha completato il programma, essa è molto più motivata a

lavorare e ad imparare, più capace a integrare nuovi modelli con minore difficoltà. Mentre molti ricercatori stanno iniziando ad investigare 1importanza dellorecchio nella nostra vita, il Metodo Tomatis offre un programma appositamente studiato per lavorare alla sorgente di molti problemi funzionali, emozionali e relazionali, legati ad un cattivo utilizzo dell’ascolto. Un metodo sorprendentemente veloce che ha un impatto a largo raggio sulla salute e il benessere della persona. 9 COOPERATIVE LEARNING. APPRENDERE INSIEME E MEGLIO di Nunzia Latini Come ottenere dagli studenti maggiori risultati scolastici, con contenuti e abilità proprie, adeguate al passo con i tempi ed avere una soddisfazione del proprio insegnamento? A livello internazionale e in Italia, in questi ultimi anni si è affacciato un approccio al lavoro di gruppo meglio noto come: Cooperative Learning. Non ci sono grandi esperienze diffuse a livello di scuola media superiore ma gli studi condotti sul metodo,

dimostrano che il coinvolgimento dello studente fatto in modo appropriato, da dei risultati più alti. Il lavoro di gruppo aumenta la capacità di elaborare un discorso anche critico Non si tratta di un semplice lavoro di gruppo ma di un coinvolgimento attivo degli studenti nelle varie fasi di un lavoro o di una ricerca. Caratteristica del Cooperative Learning e cioè dellapprendimento cooperativo sono: la responsabilità personale, linterazione positiva uno a uno, lappropriatezza delle abilità, linterdipendenza. In questo modo gli studenti che possono avere un atteggiamento passivo, come gli appartenenti alle minoranze di razza o di sesso, non sono in minoranza nei gruppi. I risultati di un lavoro di un gruppo di questo tipo, appartengono ad ogni studente che ne fa parte e si tiene in considerazione quanto ognuno individualmente ha fatto e imparato. La valutazione riguarderà il progetto nel suo insieme e gli studenti nel particolare. Il gruppo fa forza su di sé e deve verificare il

lavoro svolto in modo tale che le qualità di ognuno siano di esempio e ci sia la collaborazione a prendere decisioni, definire percorsi di studio e ricerca. Ognuno è incoraggiato e sviluppa così, con losservazione dellaltro, la fiducia in se e la gestione dei rapporti interpersonali. Il CL può essere informale e formale, dipende dallimportanza del lavoro da svolgere ed è linsegnante a deciderlo. Il gruppo si forma liberamente al momento del lavoro e questultimo può essere svolto sia in classe che a casa. Anche i ruoli allinterno sono liberi. E una tecnica centrata sullo studente ma è sempre il docente che guida il lavoro, pone gli argomenti, i tempi e osserva le dinamiche nuove che nascono nel gruppo. 10 LA PRESENZA DEGLI IMMIGRATI NELLA SCUOLA PUBBLICA Intervista a Marina Catricalà, direttore del Centro Linguistico dellUniversità per stranieri di Siena di Nunzia Latini Anche il Presidente della Repubblica ormai ha parlato di questo. E una realtà da non sottovalutare:

lo straniero sta entrando di diritto nel tessuto sociale nazionale. Nel frattempo ci sono i sondaggi dellUnione europea, commissionati allOsservatorio su razzismo e la xenofobia in Europa. Gli europei non razzisti sono solo il 34% contro il 66% di razzisti e il 41 % di loro dichiara che nel proprio paese ci sono troppi stranieri. I numeri parlano chiaro: 83.000 presenze di alunni immigrati, 20000 in più dellanno scorso e delineano nuove urgenze nellambito dellistruzione pubblica, tanto da far preannunciare listituzione di una "task-force" che possa rendersi disponibile sul lavoro linguistico e culturale dei nuovi iscritti stranieri nella scuola elementare e media. Un lavoro che ha bisogno di molto tempo e dedizione, che deve essere svolto da persone competenti che abbiano esperienza, perché sappiano cogliere elementi essenziali allo sviluppo educativo e linguistico dellalunno che non è lo stesso dei ragazzi italiani. Le differenze, le distanze e anche le sofferenze per la

diffidenza, così fortemente radicate in ognuno, ci sono! e devono essere tenute ben presenti. Ma anche lintegrazione non è affatto facile e il proposito più nobile può essere inadeguato, rimanere sterile di fronte poi ad una parola spontanea profondamente razzista in cui riemerge tutto il divario culturale. Chi è vicino ad una metropoli come Roma, può essere abituato ad incontrare tante razze diverse, ma averli tra i banchi di scuola pone tutta una serie di reazioni a catena e problematiche che vanno risolte, e questo in special modo, quando ci allontaniamo ed entriamo nei piccoli quartieri di provincia. Quanti genitori sono educati ad accogliere o quanto meno a considerare tranquillamente le differenze? Quante mamme sono pronte a rispondere alle curiose domande dei piccoli, o non hanno battuto ciglio al fatto che cè un compagno di banco di colore? Ma soprattutto quanti maestri o professori di ruolo nella scuola pubblica sanno rispondere ad una adeguata programmazione, stilata

proprio per litaliano come lingua seconda a bambini immigrati, che arrivano da diversi paesi e con matrici linguistiche diverse e quindi con pensieri diversi e abitudini diverse? Ma soprattutto con tutta la buona volontà, come e quando possono svolgere una attività così diversa, dato il tempo, sempre così ridotto anche per una classe di studenti italiani tra programmazione, rientri a scuola e aggiornamenti. Lo abbiamo chiesto alla professoressa Marina Catricalà, che da tempo si occupa di queste tematiche, Direttore del Centro Linguistico dellUniversità per stranieri di Siena, tiene un corso di scrittura presso il laboratorio di Scienze della Comunicazione delluniversità La Sapienza di Roma: "Un docente di italiano oggi non può, ma DEVE imparare anche ad insegnare litaliano come lingua straniera; e ciò per il semplice motivo che di fronte alla presenza degli oltre 83.000 studenti immigrati iscritti nelle nostre scuole nessuno, neppure il docente di filosofia o di

matematica, può più permettersi ( a mio avviso) di ignorare le principale tematiche connesse al bilinguismo e alla interferenza. Sono, infatti, i processi cognitivi della persona ad essere coinvolti nellapprendimento della lingua, della scrittura e della lettura, quanto nella riflessione metalinguistica. Se è vero (ed io ne sono convinta) che la lingua è il nostro stesso pensiero, senza parole i nostri studenti immigrati non potranno pensare, scegliere, operare come cittadini a pieno titolo. Ciò è già successo in passato nel nostro paese ad intere generazioni di dialettofoni condannati allafasia e allincomunicabilità da una scuola miope ed elitaria. Il prezzo pagato è stato molto alto: anche quanto di buono cera nel nostro sistema scolastico e nei suoi valori è stato demolito o demonizzato. Non possiamo permettere che riaccada Ma un maestro o un insegnante di Lettere nella scuola pubblica si trova ad una situazione complessa e credo che avrebbe bisogno di strumenti

diversificati? E più difficile capire come il docente debba insegnare litaliano agli stranieri e in classi di italofoni. Ci vogliono strumenti ad hoc, corsi di perfezionamento, figure come quella del mediatori che lo affianchi e la capacità di costruire percorsi contrastivi e danalisi utili anche ai bimbi italiani. 11 E quale didattica per la valorizzazione delle differenti culture e per lapprendimento della lingua italiana, se a monte cè questo atteggiamento radicato di ognuno nel sentire lo straniero, per definizione lontano, diverso, sconosciuto, parole che sono quasi diventate sinonimi di diffidenza, ostilità o addirittura paura? Non è facile. Il diverso, laltro da noi, genera sempre paure e ansie, come dice Lei Fondamentalmente, però, tali paure sono dovute al fatto che lignoto non è controllabile e, quindi, legittimamente, in base ad una sorta di istinto tendiamo ad evitarlo, facciamo finta di non vederlo, fino ad arrivare poi a temerlo. Oggi, però, noi abbiamo molti

strumenti che le scienze umane, dalla antropologia alla etnolinguistica, dalla sociologia alla storia delle religioni, hanno messo a punto per analizzare, capire e conoscere. La valorizzazione della lingua del "diverso" , lo diceva già il glottologo Ascoli nel secolo scorso, passa per il confronto, per la riflessione di ciò che ci fa uscire dalla nostra autoreferenzialità di cultura egemone e genera energia mentale dallattrito della ruota che cigola e non da quella che scivola. Per esempio studiando una lingua straniera o una lingua universale, come per esempio lesperanto, insomma una lingua sconosciuta a tutti gli studenti, la diversità è facilmente valorizzabile: quanti più tratti distintivi e modalità comuni ci si riescono a rintracciare, tanto più i processi di acquisizione e di memorizzazione saranno attivi ed efficaci. Ma non è solo un problema di come insegnare o di cosa far fare! Il contatto dovrebbe portare il superamento dei problemi razziali che sono

comunque radicati e difficili da estirpare. Sarà difficile, ma si dovrà lavorare su noi stessi fino a togliere le generalizzazioni sulle razze e saper domandare come primo pensiero, senza difensive o allontanamenti: "E tu da dove vieni? Certo il problema del razzismo è talmente complesso, che sarebbe quanto meno semplicistico ritenere che la didattica possa da sola risolverlo. Ci sono, oggi, in competizione o a completamento ( non voglio entrare nel merito dellannosa querelle fra apocalittici/integrati) del sistema formativo tradizionale agenzie di comunicazione e di formazione molto potenti e di grande rilevanza per la crescita della persona. I mezzi di comunicazione di massa e le nuove tecnologie della rete impegnano una parte sempre più consistente del nostro tempo libero e i giovani spendono, per esempio, milioni solo in videogame. E anche vero, però, che gli studenti passano un terzo o anche la metà delle ore della loro vita attiva e di socializzazione nella scuola.

Quello che è certo è che la scuola non può mostrarsi indifferente o addirittura razzista. Un atteggiamento discriminante è facilmente riproducibile e costa meno fatica. Lei ha ragione quando dice che ci vuole tempo: i processi di integrazione non possono essere immediati e gratuiti. Bisogna sapere quale risultato si vuole ottenere e lavorare anche sapendo che forse quando lo avremo raggiunto noi non ci saremo. Avremo gettato le fondamenta, avremo dato lo start giusto a un processo di arricchimento della nostra società e non lavremo condannata allentropia autodistruttiva di ogni sistema chiuso. Pluricultura, multicultura e intercultura. Momenti didattici propri e di lavoro diverso, troppo spesso assimilati in tuttuna. Lei fa bene a chiedermi di precisare se la didattica multiculturale o pluriculturale è uguale a quella interculturale. Ha ragione, perché bisogna sapere per quale tipo di modello lavoriamo e questi sono diversi. Il modello pluriculturale è un modello semplicemente

descrittivo Quello interculturale ha un valore programmatico e prescrittivo. Facciamo alcuni esempi: ci sono vari tipi di multiculturalità, ascrivibili anche solo a un puro eruditismo. Ne è un caso tipico quella interessata al solo aspetto gastronomico. Che in una metropoli ci siano ristoranti dogni genere e origine, però, non vuol dire automaticamente che la società di quella città sia multiculturale e pluringuistica. Nella globalizzazione, questo può significare semplicemente che vi sono ragioni commerciali e non di integrazione e di scambio, quanto di gusto per lesotico. Nel caso, invece, di interventi mirati a favorire linteriorizzazione di immagini positive dellimmigrato, lì si ha un intervento interculturale. Pensi alla svolta che provocherà nei comportamenti delle persone il recente inserimento nel corpo dei vigili urbani di Milano di alcuni stranieri. Il fatto che indossino una uniforme e rappresentino un pubblico ufficiale porterà a cambiare completamente il nostro

immaginario collettivo. Non ha forse pesato in tutti questi anni per noi romani vedere e sentire un giornalista del TG3 di colore? Non ci è servito a vincere molte di quelle prevenzioni di difesa 12 e di paura di cui abbiamo parlato prima, molto di più di tanta letteratura sullo zio Tom, la cui realtà noi sentiamo tutto sommato molto lontana da noi? Il nostro sistema sociale si sta dimostrando disponibile e aperto a queste problematiche attualissime? Diverse iniziative, come il CHIP (Child Immigration Project), i provvedimenti contenuti nella Legge 400/88, la programmazione delleducazione linguistica, la nascita di centri di accoglienza, orientamento, riflessione, la collaborazione della scuola con gli enti locali e le strutture del volontariato, il tutto (attenzione) in ottemperanza a quanto scritto nellarticolo 3 della nostra Costituzione, sì, secondo me ci stanno aiutando a mantenere un sistema sociale aperto e disponibile a dare cittadinanza e diritti a chi viene nel

nostro paese per lavorare e integrarsi. Tralascio qui la spinosa questione dei clandestini e della delinquenza, ovviamente. In questo senso la struttura di questa comunità nazionale, ora in fermento e in movimento, che accoglie anche se con difficoltà, delle identità profondamente diverse, sta cambiando? Non posso non pormi una domanda, però a riguardo e cioè se linterculturalismo per quanto attivo e compartecipato dagli immigrati stessi può portare oltre che alla tolleranza e al riconoscimento dei diritti storici e politici, alla nascita di una nuova identità etnica e nazionale. Su questo ho dei dubbi e molte perplessità. Non sono forse ancora italiani ( e la recente legge sul loro diritto di voto ne è una riprova) i nostri emigrati presenti in Svizzera, Argentina, Australia, ecc. ? Ci sono lacerazioni che non si possono rimarginare, se non dopo molto, ma molto tempo e, comunque, ne restano le cicatrici. Ma questa è unaltra storia 13 DIDATTICA DELLE LINGUE Intervista a

Paolo E. Balboni - Università Cà Foscari Venezia di Nunzia Latini Sembra di parlare di archeologia dellinsegnamento della lingua quando si pensa alla prof. di inglese che ti parla in italiano e ti fa fare esercizi come un gioco in enigmistica. Solo per pochissimi fortunati, imparare la lingua straniera nella scuola pubblica non è significato spiegazioni in italiano, classi numerose, disattenzione totale. E la lingua straniera? La si impara nel privato, pagando per avere un insegnante madrelingua anche se non laureato. Alluniversità ormai un esame in lingua è obbligatorio se non più di uno e nella scuola, il Ministro Berlinguer si accorge della necessità di diminuire il numero in un corso di lingua straniera. Ma la ricerca sul metodo di insegnamento di una lingua, la glottodidattica, è molto più avanti, con risultati sorprendenti nellapprendimento dello studente su cui è concentrata lattenzione dellinsegnante, che perde la sua centralità a tutto beneficio dei risultati e come

al solito in Italia, stiamo ancora aspettando tutto questo. Paolo E Balboni, un nome conosciuto nei Dipartimenti di Lingua e letteratura straniera, docente di didattica delle lingue allUniversità Ca Foscari di Venezia, autore di numerosi testi sulle tecniche didattiche per leducazione linguistica, letti in tutto il mondo, ci parla con entusiasmo delle nuove metodologie. Professore per quanto concerne le tecniche per lo sviluppo delle abilità linguistiche il più è fatto. Ora le direzioni della ricerca sembrano svilupparsi verso la suggestopedica Ce ne spiega i contenuti? Entrare in una classe dove si usa la suggestopedia (o le molte procedure che in qualche modo ne derivano) è un po sconvolgente: un tavolo ovale, musica di sottofondo, luce soffusa, studenti a occhi chiusi o persi nel vuoto, che si rilassano; poi la voce dellinsegnante, che lentamente cammina alle spalle degli studenti intorno al tavolo, comincia a leggere testi in lingua straniera; oppure può essere un nastro

pre-registrato e fatto ascoltare da un diffusore ad alta fedeltà. Sì! la gente non ci crede che sia una classe di lingua Risulta un metodo efficiente ed efficace? I dati degli ormai tanti studi ci dicono che il metodo suggestopedico è estremamente efficace, soprattutto se viene integrato con altra procedure che comunque rientrano nellinsegnamento linguistico "umanistico-affettivo": ad esempio indicazioni dal mondo dei gesuiti americani, espresso soprattutto da Curran, quali il fatto che linsegnante, che sta sempre dietro (figura di suggeritore, paterno) se deve correggere qualcosa lo fa ponendo la mano sulla spalla di chi ha sbagliato, equilibrando con questa "carezza" di sostegno lumiliazione della correzione". Quando ha avuto inizio questo indirizzo di ricerca? In Bulgaria Lozanov ha cominciato negli anni Sessanta, poi il boom si è avuto nellUnione Sovietica e alla fine degli anni Settanta ha dilagato in America; lì, e in Europa (soprattutto a Berlino)

si sono effettuate delle integrazioni con altre metodologie che, comunque, hanno sempre la caratteristica di mettere lo studente, con i suoi ritmi di apprendimento, le sue strategie che sono sue e solo sue, i suoi desideri, ecc. al centro di tutto Cosa significa i "suoi desideri"? Quando dico "i suoi desideri" non faccio per dire: in effetti, al primo giorno di corso, quando impari a presentarti, non dai il tuo nome, ma quello che ti piacerebbe avere, e quando descrivi una casa non descrivi la tua casa ma quella che vorresti, e dichiari la professione che ti piacerebbe fare e così via: la lingua straniera diventa il veicolo che esprime il mondo come lo vorresti, è lo strumento del desiderio. e ci si stupisce che si fissi nella memoria Rilassamento psicofisico e tutti i sensi coinvolti. Cosaltro? Non solo: cè musica barocca, ci sono colori specifici alle pareti, i poster che contengono la grammatica e che sono appesi ai muri hanno colori ad hoc, la voce e il passo

dellinsegnante sono regolati, cadenzati. è un coinvolgimento totale della persona 14 E i risultati della fissazione della lingua? Gli studi dicono che la ritenzione di quanto appreso è stabile, ed è molto più alta che nei normali corsi che si rivolgono solo allemisfero sinistro del cervello, che cioè fanno solo ragionare. Qui si usa anche lemisfero sinistro, si fa "sentire" oltre che "riflettere" e il risultato è molto più potente. La fissazione mnemonica è più complessa: ci sono testi che vengono ascoltati di giorno a lezione, ma vanno riletti come ultima attività prima di addormentarsi e come prima attività appena alzati, rientrando nella sensazione di relax e pace che si era avuta a lezione quando il testo era stato per la prima volta presentato e commentato. Pensa che le strutture siano disposte ad accogliere un insegnamento con tecniche non tradizionali? E un metodo che costa, soprattutto in fase di impianto: formare personale, attrezzare aule,

ecc. Poi non cè nulla di diverso da un normale corso, fuorché il fatto che il numero giusto è una dozzina di studenti; ma ora anche Berlinguer ha capito che le classi di lingue devono essere ridotte a un massimo di 15 studenti. In Germania e Francia il metodo sta imponendosi, anche se quasi sempre parliamo di formazione aziendale, in cui sono quadri e manager che devono fare corsi intensivi prima di trasferimenti allestero; anche alcune università cominciano a utilizzare la suggestopedia: In Italia ci consta solo un corso di italiano allUniversità per Stranieri di Siena. 15 CHE COSA SIGNIFICA EDUCAZIONE INTERCULTURALE? Si tratta di un approccio pedagogico che tende ad una maggiore sensibilizzazione ai problemi legati ai rapporti interculturali e una formazione alla tolleranza delle diversità, volte a creare un clima di dialogo e di apertura, che porti al confronto e allarricchimento reciproco. Solo in questo senso può essere intesa una reale globalizzazione della cultura:

non una perdita di valori, ma unacquisizione di strumenti e mezzi per osservare la realtà in maniera produttiva, al fine di agire non da spettatori, ma da attori di questo vasto scenario mondiale in continua evoluzione. Scopo delleducazione linguistica deve quindi essere anche quello di dotare lallievo delle conoscenze adeguate ad unanalisi approfondita del tessuto sociale in cui si troverà ad operare. Quindi schemi dinterpretazione, parametri, strutture concettuali per affrontare laltro e il diverso in maniera critica e costruttiva. I benefici di un tale approccio riguardano non solo la competenza linguistica, ma ricadono sullintera personalità. QUALI COMPETENZE DEVE AVERE UN INSEGNANTE D’ITALIANO L2/LS? Un insegnante di lingua italiana L2/Ls non solo deve conoscere la lingua italiana della vita quotidiana, ma necessariamente la cultura veicolata dal mezzo linguistico, in quanto lingua e cultura formano un binomio inscindibile di elementi che si influenzano a vicenda. La gran

parte dei problemi nel processo di acquisizione di una lingua 2 o straniera è infatti determinata da fattori a carattere culturale e l’impatto delle diversità-somiglianze della lingua appresa a fronte della lingua materna influenzano fortemente l’esito del processo di acculturazione. Nell’ottica di un approccio interculturale, particolare rilievo deve essere dato alle differenze interculturali nella comunicazione e alla modalità dialogica, anche al fine di stimolare maggiormente la motivazione dei discenti. E’ inoltre fondamentale che l’insegnante L2/Ls abbia delle conoscenze di metodologia didattica, poiché insegnare l’italiano a stranieri presuppone competenze del tutto differenti da quelle necessarie per insegnare l’italiano ad italiani. Per questo sarà necessario anche approfondire la conoscenza riflessa della propria lingua, cioè la conoscenza dei meccanismi linguistici che la determinano. In definitiva, non è sufficiente essere un nativo italiano, ma è

fondamentale aver approfondito le regole che sottostanno alla propria lingua. Non ci sembra scontato precisare che un insegnante madrelingua non è sempre meglio di un insegnante non madrelingua: a volte, specialmente a livello principiante, può essere addirittura peggiore se non riesce ad isolare allinterno della propria lingua i meccanismi che la identificano e la fanno funzionare. QUALI TESTI POSSO CONSULTARE PER ACQUISIRE UNA METODOLOGIA DIDATTICA DI BASE DELL’ITALIANO A STRANIERI? A titolo indicativo e senza la pretesa di voler essere esaustivi, consigliamo alcuni volumi per approfondire le tematiche glottodidattiche legate all’insegnamento dell’italiano L2 e/o per la creazione di un curricolo con solide basi metodologiche: - Freddi: Fondamenti di glottodidattica, Torino, UTET Libreria, 1994 - Balboni: Tecniche didattiche per l’educazione linguistica, Torino, UTET, 1998 - Balboni: Dizionario di Glottodidattica, Perugia, Guerra edizioni 1999 - Balboni: Il curricolo

dellitaliano come lingua straniera - Galli De Paratesi, Livello soglia per litaliano, Strasburgo, Consiglio dEuropa,1981 - AA. VV: Curricolo di italiano per stranieri, Roma, Bonacci 1995 - T. De Mauro: Guida alluso delle parole, Editori Riuniti, 1980 16 COME DEVO UTILIZZARE LA LINGUA MADRE DEL DISCENTE STRANIERO? Non ci si aspetta che l’insegnante L2 abbia una cultura linguistica sconfinata o che debba conoscere tutte le lingue parlate dai suoi allievi stranieri. Tuttavia è indispensabile la presa di coscienza della natura interculturale del compito che si prefigge. Riteniamo semmai auspicabile che l’insegnante possa essere messo in grado di conoscere le strutture e le caratteristiche linguistiche principali della lingua dello studente per poter prevedere possibili errori e difficoltà nell’apprendimento dell’italiano. Fatta questa premessa, le attività scelte dovrebbero privilegiare momenti di confronto, di ricerca delle diversità e somiglianze culturali, più che di

grammatica contrastiva, soprattutto quando si è in presenza di un allievo straniero in una classe italiana. Presso la scuola elementare, ad esempio, riflessioni sui diversi tipi di scrittura come quelli usati dall’arabo, dal cirillico, dal cinese etc. di cui i compagni stranieri danno testimonianza, possono fornire spunti per motivanti giochi e cartelloni, facilitando allo stesso tempo l’integrazione dello straniero. A volte luso della lingua straniera dellallievo può quindi essere un momento di integrazione dello stesso, se si cerca di collocarlo in una posizione privilegiata da un punto di vista linguistico: conosce una lingua che gli altri bambini non conoscono e quindi è portatore di ricchezza per loro. Bisogna quindi cercare di creare dei momenti in cui egli possa sentirsi fiero di questa diversità, magari insegnando ai propri compagni parole e espressioni della propria lingua, in una sorta di scambio continuo. CHE ITALIANO DEVO INSEGNARE AI MIEI ALLIEVI? >E’

difficile poter fornire un modello unico senza cadere in generalizzazioni, ma per tutti i livelli e per tutte le fasce d’età vale la pena di sottolineare che l’italiano insegnato debba essere lingua viva, reale. Con questo non intendiamo solo l’italiano dei giochi, del bar o del gruppo di appartenenza (sebbene si tratti di una competenza comunicativa necessaria per gli stranieri che vogliono essere accettati nel gruppo stesso), in quanto esclude la possibilità di approfondire le microlingue di varie aree disciplinari al fine di avere una competenza linguistica reale, oltre che meramente comunicativa. E’ perciò fondamentale che in un approccio a carattere interculturale l’insegnamento sia funzionale, cioè orientato a ´saper fare con l’italiano’, piuttosto che a sapere la lingua in sé, ma cercando al contempo di ottenere una competenza comunicativa che non risponda solamente al principio del comunicare comunque. Vale anche la pena di sottolineare che, inevitabilmente,

linsegnante si porterà dietro la propria inflessione dialettale o locale. Ai fini di un adeguato sviluppo delle competenze dellallievo è quindi necessario che si adottino tutte le strategie atte a limitare lassunzione acritica del proprio modello da parte degli studenti. Bene quindi tutti i supporti audio e video, ma anche leventuale intervento di altri parlanti madrelingua per abituare lallievo alle differenze regionali dell’italiano. CHE RUOLO DEVO RISERVARE ALLA GRAMMATICA? La correttezza formale è importante, ma non dipende necessariamente dalla riflessione metalinguistica. E’ ormai risaputo che non si insegna prima la regola di grammatica per poi metterla in pratica, in quanto lo stesso processo naturale di acquisizione di una lingua effettua il tragitto contrario. Proprio come il bambino apprende la lingua madre nel momento in cui la sente e la riutilizza, con il continuo monitoraggio dell’adulto che pazientemente fornisce feedback correttivo, nell’insegnamento di

una L2/Ls si dovrebbe rispettare i tempi naturali di apprendimento dell’individuo, non forzandolo sin da subito ad una produzione corretta, sia essa autonoma o, ancor peggio, per imitazione. La riflessione sulla lingua e quindi lo studio della grammatica giungerà solo successivamente, tanto più che se gli studenti sono adulti è possibile che vi troviate nella necessità di dover fornire loro specchietti grammaticali e tavole riassuntive per un loro espresso bisogno metalinguistico. 17 DOVE POSSO RECUPERARE MATERIALE NUOVO E INTERESSANTE PER LE MIE LEZIONI? Fondamentale e tenersi sempre aggiornati anche via Internet, soprattutto attraverso i siti delle testate giornalistiche maggiori. Esistono inoltre ottime riviste di didattica per bambini che forniscono spunti operativi molto validi e concreti. Una buona fonte di aggiornamento costante sono anche le trasmissioni Via satellite della Rai, molto diffusa soprattutto in America Latina. In http://www.aaaitalianocercasicom è

possibile trovare notizie utili sullItalia, sul made in Italy, la moda, il design, il turismo, la cucina e naturalmente la didattica della lingua italiana. Attività sempre nuove e stimolanti sono inoltre proposte e continuamente aggiornate in varie bacheche telematiche come quella del sito http://www.guerra-edizionicom Vi invitiamo a segnalarcene di nuove e a costruire insieme anche noi una ‘biblioteca’ a cui possiamo attingere di continuo. 18